“Il diffuso ricorso allo smartworking generalmente necessitato e improvvisato ha catapultato una quota significativa della popolazione in una dimensione delle cui implicazioni non sempre si ha piena consapevolezza e di cui va impedito ogni uso improprio”. Lo ha detto il presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, Antonello Soro, nella relazione annuale per l’anno 2019.
“Lo smartworking potrebbe ragionevolmente divenire una forma diffusa, effettivamente alternativa, di organizzazione del lavoro. Per questa ragione andranno seriamente affrontati e risolti tutti i problemi emersi in questi mesi: dalle dotazioni strumentali alla garanzia di connettività, al la sicurezza delle piattaforme, all’effettività del diritto alla disconnessione”.
Per Soro “il ricorso intensivo alle nuove tecnologie per rendere la prestazione lavorativa non deve rappresentare l’occasione per il monitoraggio sistematico e ubiquitario del lavoratore”.
“Le nuove tecnologie – ha detto Soro – rappresentino un fattore di progresso, e non di regressione sociale”.
TN