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Intervista a Marco Gay, presidente Confindustria Piemonte: “non dividiamoci sui vaccini, l’obiettivo comune è la crescita”

Nunzia Penelope
Settembre15/ 2021

Marco Gay, il governo sembra ormai orientato a estendere il green pass a tutti i luoghi di lavoro, pubblici e privati. Secondo lei è una soluzione utile?

Il green pass non può sostituire la vaccinazione, ma penso che in questo momento, mentre andiamo avanti con la campagna vaccinale, sia lo strumento più efficace  e utile. Quindi si, ci auguriamo che il governo stabilisca per decreto la sua estensione ai luoghi di lavoro.

Lei sarebbe favorevole anche a un obbligo vaccinale per legge?

Esiste già per moltissimi vaccini, che tutti abbiamo fatto, e fatto ai nostri figli. Quello di vaccinarsi dovrebbe essere, innanzi tutto, un fatto di responsabilità di ciascuno: per  proteggere se stessi e per proteggere le persone più fragili, quelle che i vaccini non possono farli, e che si trovano a rischio nei luoghi di lavoro, come nella vita privata. Ma se questa linea, diciamo della responsabilità, non è sufficiente a ottenere il risultato, ben venga l’obbligo per legge.

L’altro terreno di dibattito è quello sui tamponi che saranno necessari per il green pass dei non vaccinati. Chi dovrà pagarli? La Confindustria dice che non possono essere a carico delle aziende, i sindacati che non possono pagarli i lavoratori. Dunque?

Il costo dei tamponi non può essere scaricato sulle aziende, questo mi sembra scontato. Quando si è trattato di mettere in sicurezza il lavoro nei giorni caldi del lockdown, con le mascherine e gli altri dispositivi di protezione personale, abbiamo fatto la nostra parte. Oggi c’è il vaccino gratuito, tutte le risorse disponibili devono essere destinare agli investimenti, alla  formazione, all’innovazione, per supportare la crescita. Altrimenti il debito ”buono” creato durante la pandemia diventerebbe quel debito “cattivo” di cui ha parlato più volte Mario Draghi.

L’estate però è stata scandita  proprio dalla contrapposizione tra no vax e si vax, tra si green pass e no green pass. Non teme che nelle aziende si alzi la conflittualità tra i due fronti?

Le aziende non vogliono la conflittualità, ma dobbiamo anche evitare che si fermino a causa di contagi. Un rischio, questo, che corrono soprattutto le piccole e medie imprese: basta un caso in un reparto e l’azienda deve fermarsi. In questo momento dobbiamo consolidare la crescita, non possiamo rischiare nuove chiusure. Per cui, certo: siamo tutti molto attenti che non si creino contrapposizioni, perché oggi l’obiettivo comune deve essere ripartire, crescere, recuperare il terreno perduto in un anno e mezzo di  pandemia. Questo deve essere l’unico tema di discussione, non il dibattito ‘no vax, si vax’.

Lei dice crescita, ma c’è all’orizzonte anche il problema delle materie prime, della difficoltà di approvvigionamento, dei costi ormai alle stelle. Come si può rispondere a questa crisi che rischia di trasformare la ripresa in un mezzo boomerang?

Questo è un problema molto reale e serio, con un impatto trasversale. Oggi una risposta soddisfacente ancora non c’è. Ma si tratta di un tema che non riguarda solo l’Italia, ma il mondo, e va affrontato, innanzi tutto, con una visione europea, evitando il dumping sui prezzi tra Stati. Le nostre aziende hanno un orizzonte internazionale di esportazioni, la crescita la facciamo con la qualità dei nostri prodotti e servizi, non è immaginabile che la competizione si sposti sul tema  ”dove possiamo comprare cosa al prezzo migliore”.

Sulla crescita incombono anche i costi dell’energia. Il ministro Cingolani nei giorni scorsi ha avvertito che le bollette saliranno del 40%. La transizione ecologica, e tanto più quella energetica, rischiano di non essere affatto un pranzo di gala, è così?

Guardi, ho una grandissima stima per il ministro Cingolani. Ed è giusto essere realisti su questioni di tale importanza.  Va detto anche che la fine dell’endotermico entro il 2035 troverà l’Europa non ancora pronta, e per l’Italia si tratterà di pagare un prezzo elevato ed è per questo che bisogna aprire un dibattito serio ed onesto. Cingolani ha il merito di dire le cose come stanno.

A proposito di competizione, il Piemonte è in lizza per la conquista di Intel, perché collochi un suo stabilimento nei nostri confini. Che lei sappia, come si sta lavorando per convincere gli americani che l’Italia sarebbe un’ottima scelta?

Quello di Intel è un dossier che va avanti, coinvolgendo sia le istituzioni locali, il presidente della Regione Cirio, sia il ministro Giorgetti e lo stesso premier Draghi. Non abbiamo aggiornamenti in proposito, ma posso assicurarle che alla base c’è  un ottimo lavoro di partenariato pubblico privato, per portare in Piemonte un pezzo della produzione Intel. Ovviamente, la concorrenza su questa partita è enorme. Ma noi ci stiamo presentando al meglio.

Lei recentemente ha detto che Mario Draghi è un punto di riferimento fondamentale per il mondo delle imprese. E allora le chiedo: le imprese lo vedrebbero meglio a Palazzo Chigi o al Quirinale?

Draghi è la migliore carta di credibilità che abbiamo, su questo non c’è dubbio. E credo che la sua presenza sia fondamentale per il compimento del Pnrr, è importante che resti coinvolto nel progetto. Ma non è certo compito delle imprese dare indicazioni di questo genere: sono questioni appannaggio della politica, e noi rispettosamente non ci intromettiamo.

Nunzia Penelope

Nunzia Penelope

Giornalista