Il valore più grande della democrazia, che la distingue da qualsiasi altra forma di governo, è l’esercizio del dissenso. La presenza delle opposizioni nelle istituzioni, il diritto di parola sono la più alta espressione della libertà, declinata come libertà di e libertà da. La minoranza ha in sé anche il compito di una forma di controllo nei confronti della maggioranza, espresso attraverso una continua critica costruttiva rivolta al bene collettivo. Ma un punto felice di equilibrio tra maggioranza e minoranza non è mai facile. Alexis de Tocqueville teorizzò una dittatura della prima, nella quale non si terrebbero in considerazione le opinioni delle minoranze. Al contrario, lo scenario opposto significherebbe un immobilismo decisionale, e un ostacolo per la maggioranza di esercitare, democraticamente, il suo diritto a governare.
Con la pandemia che ancora incombe, il confronto tra la maggioranza e la minoranza, non solo in sede istituzionale, ha assunto toni ancora più aspri. Benché i no vax, i no mask, i no green pass duri e puri siano uno sparuto manipolo, non mancano forze politiche che continuano a strizzare l’occhio a questi gruppi, pensando che quella famosa libertà di e da sia in sostanza senza confini.
Nelle dinamiche politiche il valore dell’opposizione sembra essersi ridotto al poter dire ogni cosa, perché semplicemente legittimati dal ruolo che si ricopre. E allora presunti nostalgici della rivoluzione francese invocano le barricate ogni qual volta il timone della maggioranza punta verso rotte poco gradite, come se tali sbarramenti avessero un qualcosa di illuminato e illuminista. E poi si urla, e si urla ancora, alzando continuamente il tono, mettendo sotto sforzo le corde vocali, che in certi politici hanno una tenuta superiore alla media.
Ma tutti i mali sono annidati nella minoranza? La risposta non può che essere negativa. Attratte dal lato oscuro, certe forze politiche di maggioranza non esitano ad alimentare la loro anima di lotta. In questo modo, con una mano, rovistano nei cassetti del potere, e con l’altra continuano a lisciare il pelo alle posizioni più intransigenti e anti sistema. Si tratta dunque di reprimere il confronto e il dialogo? Assolutamente no, anche perché non si può reprimere qualcosa da tempo scomparso.
Alcuni si stracciano le vesti perché il parlamento è stato esautorato del suo ruolo e delle sue funzioni, non esitando, subito dopo, a denunciarne gli intrighi e gli inciuci, quando questi ostacolano la sedicente volontà popolare. Altri non perdono tempo a intestarsi ogni risultato foriero di un incremento nei sondaggi, anche se all’opposto di ciò che avevano continuamente professato. Altri ancora arrancano nel costruire alleanze e un progetto politico credibile e spendibile, per non essere spazzati via alle prossime elezioni politiche.
Dunque l’antibiotico ad ampio spettro Mario Draghi, prescritto dalla contingenza, riuscirà a curare gli affanni della nostra politica?
Tommaso Nutarelli