“Il bello è brutto e il brutto è bello”, cantano le malefiche streghe del Macbeth, rimestando nel pentolone degli incantesimi. Un incantesimo analogo sembra quello che il virus ha gettato sul nostro paese. Nel mondo alla rovescia del covid, il bello è brutto e il brutto è bello. Tutto cio che era oggetto di critica, stigma, condanna sociale, oggi è diventato non solo tollerabile, ma auspicabile. E viceversa. Il capovolgimento piu evidente è quello tra Nord e Sud, con le regioni più ricche e virtuose che sono diventate il centro dell’epidemia e simbolo del disastro, mentre il Sud, pigro e pasticcione, l’ha in massima parte scampata. Ma ci sono mille piccoli dettagli che rendono perfettamente attuale il sortilegio delle Streghe create da Shakesperare. Prendiamo il trasporto pubblico: quanti anni a predicare che “basta con l’auto privata, il cittadino serio e responsabile per spostarsi privilegia i bus, le metro, i tram?” I sindaci piu avveduti chiudevano i centri storici alle auto, creavano ztl sempre piu estese, comminavano multe sempre più alte ai recalcitranti del tpl. L’auto privata era il male, il bus il bene. Oggi, contrordine: il brutto diventa bello e il bello diventa brutto, il mezzo pubblico è disincentivato dalle regole sul distanziamento, mentre l’uso dell’auto privata è incoraggiato e consigliato, con tanto di apertura senza limiti delle fin qui inviolabili aree a traffico limitato.
Stessa storia per tavolini di bar e ristoranti all’aperto: considerati una piaga dei centri storici, un obbrobrio da limitare quanto più possibile, con multe stellari per i gestori che osavano invadere anche solo pochi cm in piu rispetto all’area assegnata, nell’era post covid sono incoraggiati a espandersi senza limiti, sempre nel nome della sicurezza, che evidentemente vince su decoro, bellezza, arte, archeologia. E che dire dei ciclofattorini? I rider che consegnano pasti a domicilio, fino a tre mesi fa considerati una stortura nata dalla pigrizia di millenials viziati, nei mesi del lock down si sono trasformati in un servizio essenziale per consegnare a domicilio spesa e farmaci alle persone piu anziane e fragili. Stessa trasformazione per Amazon, simbolo del crudele capitalismo multinazionale che soffoca il commercio dei piccoli e dei buoni, con tanto di campagne per boicottarne l’attivita. Boicottaggio immediatamente rientrato quando si è compreso che, senza gli sconfinati magazzini di Amazon, quelle merci indispensabili che abbiamo continuato a ricevere a domicilio anche in questi mesi di segregazione non le avremmo potute nemmeno sognare. Col risultato che il colosso inventato da Jeff Bezos ha dovuto assumere altri 75 mila addetti per far fronte all’enormità delle richieste.
Ma anche nel costume, nei rapporti umani, nelle abitudini, tutto si è rovesciato. Quello che era “bello”, cioè la normale affettività dei nostri tempi è stato messo all’indice, mentre abbiamo assistito al trionfo di quella parola, “congiunti”, legata ai vincoli di sangue o, perlomeno, di contratto matrimoniale, cancellando con poche sillabe molti decenni di conquiste in termini di diritti civili, affettività, amore. Per contro, le chiese, luogo simbolo dove raccogliersi maggiormente proprio nei tempi più cupi, sono diventate off limits: pretendere di andare a messa è stata per mesi considerata una mezza bestemmia, voler fare la comunione un attentato alla salute pubblica. Ancora oggi, dopo che le proteste del Vaticano hanno ottenuto dal governo l’allentamento dei lucchetti posti ai luoghi di culto, resta una sorta di stigma (forse non esplicitamente dichiarato, ma visibiilmente aleggiante) sul capo dei fedeli ostinati a riunirsi davanti a un’ostia che sarà pure consacrata, ma potenzialmente anche infetta.
Più di tutto colpisce lo spirito espiatorio, quaresimale, che pervade ogni cosa. Ci si può vedere coi familiari, ma guai a trovare la cosa piacevole, aprire una bottiglia, farsi una risata: scatta l’accusa di “party in famiglia”, mentre la famiglia, si sa, deve essere luogo di compunta riflessione, o meglio ancora di noia profonda, cosi si abbrevia la visita e via. Gli amici, dopo molti divieti, potranno forse anche loro incontrarsi, ma attenzione: vietato invitarli a cena a casa, per carità. C’è da chiedersi chi mai sara incaricato di sorvegliare le singole abitazioni: andando forse citofono per citofono, salvinianamente, per scoprire e denunciare che in quell’appartamento si sta mangiando una trasgressiva pizza insieme. E che dire dei funerali? Anche quando finalmente si è dato il via libera, rispettando un rito che da Antigone in poi è considerato sacro e inviolabile a qualunque latitudine, ci si è premurati di limitarene i partecipanti a 15: non sia mai dovesse scaturirne una festa, che ai funerali si sa, ci si diverte un sacco.
Anche l’attività fisica, che per anni ci hanno raccomandato come indispensabile fonte di benessere, in soli tre mesi è diventata un vizio da stigmatizzare. Mentre al contrario sono stati esaltati i divanisti, quelli che non pretendono di sgambettare chissà dove ma si accontentano di stare a casa, seduti davanti alla tv. E chissà se qualcuno si ricorda di quanto era considerata infamante l’accusa di “starsene sul divano”, lanciata solo pochi mesi fa ai percettori del reddito di cittadinanza. Il brutto è bello, e il bello è brutto.
In questi due mesi, d’altra parte, abbiamo visto anche la rivalutazione del reddito di cittadinanza, anche da parte di moltissimi che lo criticavano aspramente, e di quella che è la sua sorella maggiore, cioè la sovvenzione statale a pioggia: normalmente considerata stortura da evitare come la peste, oggi è diventata la panacea che guarirà i danni economici causati dal covid. Tutto il decreto di rilancio dell’economia, varato ieri dal governo, si basa su questo meccanismo: un po’ di soldi di qua, un po’ di là, poco ma a tutti, per non scontentare nessuno. E rigorosamente senza alcuna visione del futuro, senza nessuna idea di un mondo, di una società post virus. Si vive alla giornata, e chi vivra vedrà. Del resto, l’assunto alla base di tutto sembra essere, di nuovo, quello caro ai monaci dell’anno Mille: “ricordati che devi morire”. Vale a dire: inutile progettare un futuro che è nelle mani del Supremo, perché comunque “Quello che accade quaggiù, è deciso lassù”.
(A proposito di morire, pare che forse questa estate riusciremo ad andare al mare, ancora in che condizioni non si sa, ma una cosa è chiara: se ci avventureremo in mare, sarà bene munirsi di ciambella di salvataggio, o almeno raccomandarsi a Dio. Infatti, se rischiassimo un annegamento, il bagnino non ci salverà: sono state vietate, dall’onnipresente comitato scientifico che a tutto sovrintende, anche le normali manovre di rianimazione, che come è noto comportano un contatto fisico, e dunque un possibile contagio. Sembra uno scherzo, ma attenzione: non lo è).
Nunzia Penelope