C’è poco da fare, la libertà non fa parte della “cultura” della destra, in particolare di quella che proviene dalla peggiore destra della storia, altrimenti detta fascismo. E non è solo la libertà di stampa che provoca nervosismo (per usare un eufemismo) nei nostri attuali governanti, ma proprio qualsiasi libertà: quella di vestirsi come si vuole, di sentirsi donne anche se si è nati uomini, e viceversa, quella di esprimere opinioni che non siano politicamente corrette dal punto di vista di chi sta al potere. Insomma, è la libertà in senso lato che provoca reazioni aggressive e spesso inconsulte da parte di chi oggi sta a palazzo Chigi e dei suoi colleghi di partito e di governo.
D’altra parte non è una novità, basta pensare al famigerato Minculpop di mussoliniana memoria per capire che la libertà di espressione – verbale o scritta che sia – non è mai andata giù alla destra, tanto che quell’organismo serviva appunto a censurare qualsiasi opinione non fosse in riga con quella del Regime.
E’ passato quasi un secolo da quei tempi eppure le pulsioni degli attuali governanti sono sempre le stesse. Se potessero, chiudere i giornali, i siti, le radio e le televisioni non in linea, lo farebbero senza colpo ferire. Ma, per fortuna, non possono farlo: tuttavia possono intimidire i giornalisti e le testate che considerano “scomode”, possono occupare la Rai – altrimenti detta non a caso Telemeloni – e trasmettere solo quello che non gli dà fastidio. E se per caso qualcosa gli sfuggisse di mano, ecco che arrivano le punizioni (vedi il caso di Serena Bortone e di Antonio Scurati), oppure l’ordine ai propri addetti stampa di non passare notizie a chi si è dimostrato non in linea (vedi il caso di Ilario Lombardo della “Stampa” e di altri colleghi di “Repubblica”), per non parlare di Fanpage che ha provocato un grande scandalo filmando e poi mettendo in rete le pulsioni nazifasciste dei giovani di Fratelli d’Italia. Ovviamente chi non si è dimostrato all’altezza (anzi, alla bassezza) del nuovo ordine italiano può scordarsi qualsiasi incarico nella televisione pubblica, anche se fosse un conduttore di programmi di intrattenimento. E non è un caso che l’Italia si sia piazzata quarantaseiesima nella classifica di “Reporters sans Frontieres che monitora la libertà di stampa in tutti i paesi del mondo (con Meloni al governo, il nostro paese è sceso di tre posizioni).
Anche se la speranza è sempre l’ultima a morire, l’idea che il governo Meloni possa cadere nei prossimi mesi è poso probabile, nel frattempo però bisogna che i “giornalisti coraggiosi” (Rudyard Kipling ci scuserà per la citazione indebita) continuino a fare il proprio mestiere, che poi sarebbe quello di “cani da guardia del potere” e non di gattini che aspettano solo una carezza del padrone per fare le fusa. Certo, servono anche “editori coraggiosi” che non si facciano intimidire e magari ricattare (detrazione fiscali, contributi vari all’editoria e così via), ma soprattutto serve l’opposizione politica e sociale. Che ultimamente ha anche dato segnali di vita, per esempio con la raccolta delle firme contro l’autonomia differenziata.
Certo, agosto non è il mese adatto per una battaglia politica a tutto campo, la gente va in vacanza e giustamente ha voglia di distrarsi e riposarsi. Ma settembre e l’autunno che seguirà saranno decisivi per misurare le forze in campo, ossia per verificare se la destra ha ancora un consenso troppo alto per essere raggiunta dal centrosinistra oppure se invece comincerà a perdere colpi e magari a dividersi al suo interno tra chi si considera più moderato dei suoi alleati (Antonio Tajani e la famiglia Berlusconi) e chi invece la pensa come l’ungherese Orban (Salvini, ma anche Meloni), mettendosi così ai margini del governo europeo.
Una volta, tanto tempo fa, si parlava di contraddizioni in senso al popolo, per segnalare le divisioni nel campo della sinistra. Oggi invece le contraddizioni le troviamo soprattutto a destra, chissà se prima o poi la sinistra riuscirà a farle esplodere?
RICCARDO BARENGHI