La battaglia sulla scuola e’ una delle due grosse grane (l’altra e’ la sentenza della Corte Costituzionale sulle pensioni) che il governo deve affrontare prima delle elezioni regionali di fine mese. I fronti appaiono entrambi piuttosto compatti: da un lato sindacati, docenti, famiglie e studenti, che in queste ore stanno dando vita ad altre manifestazioni di protesta, dopo quella del 5 maggio; dall’altro il governo e la maggioranza parlamentare, intenzionati ad andare avanti: oggi la Camera ha iniziato la votazione sul ddl, il voto finale e’ previsto per mercoledi. Del resto, la riforma cosiddetta della Buona Scuola e’ stato uno dei primissimi impegni di Matteo Renzi non appena arrivato a Palazzo Chigi lo scorso anno. Un impegno importante, relativo all’ammodernamento e alla razionalizzazione di quella che e’, assieme alla sanità, la prima fondamentale infrastruttura pubblica di uno Stato moderno e competitivo.
La scuola pubblica italiana, al di là di quella che troppo spesso e’ l’immagine negativa che le si vuol dare, non e’ affatto un rudere. Malgrado i continui tagli di bilancio sofferti negli ultimi anni, che l’hanno messa praticamente in ginocchio, continua miracolosamente a svolgere il suo centralissimo ruolo nella vita dei cittadini, dalla prima infanzia alla maturità. Ed esattamente come la sanità pubblica, a fronte di una apparenza meno ‘’confortevole’’ rispetto al settore privato, garantisce un livello di formazione tutt’altro che disprezzabile e in ogni caso, come dimostrano affidabilissimi studi, superiore a quello che, per l’appunto, forniscono le private. Ma si tratta di una missione che prosegue tra mille stenti. Dunque, l’idea di Renzi, riformarla per rafforzarla e metterla in grado di lavorare meglio, e’ giusta e sacrosanta.
Peccato però che l’idea di “riforma” del premier non coincida nemmeno un po’ con quella che ne hanno gli insegnanti e i sindacati. Di qui nasce lo scontro tra le parti, arrivato nelle ultime ore a livelli inediti: fallito l’incontro di martedì tra sindacati e governo a palazzo Chigi, ora gli insegnanti minacciano il blocco degli scrutini e il garante degli scioperi, da parte sua, minaccia la precettazione degli insegnanti, considerando illegittima la protesta. Prima volta nella pur vivacissima storia delle proteste scolastiche italiane, che pure di scontri a fuoco ne ha visti parecchi. Ma, come osserva oggi un editoriale su La Repubblica, “La minaccia di precettare gli insegnanti italiani come se fossero tranvieri milanesi o netturbini romani o minatori inglesi è un oltraggio alla scuola pubblica, una di quelle prepotenze verbali che, dicevano i vecchi rivoluzionari, fanno alzare la febbre dei popoli». E infatti nessun governo in Italia é mai ricorso davvero alla precettazione dei professori.
Chi ha ragione? Senza entrare nel merito della riforma, si può tuttavia osservare che se i diretti interessati, cioè gli insegnanti, hanno alzato un simile muro, la cosa dovrebbe quanto meno far riflettere. E forse sarebbe il caso di dare loro maggiore ascolto, non limitandosi a liquidare la faccenda con la solita storia dei sindacati che non vogliono perdere il potere, o degli insegnanti stessi che non vogliono rinunciare ai propri privilegi: difficile, infatti, vedere dei privilegi in una categorie retribuita con stipendi scandalosamente bassi, condannata a decenni di precariato prima di ottenere il passaggio a ruolo, spesso priva del sostegno delle stesse famiglie dei rampolli di cui cerca di curare la crescita e la formazione, e via dicendo. Pur sapendo bene che e’ velleitario pretendere di definire con una sola parola una intera categoria che comprende quasi un milione di persone – ciascuna delle quali con i suoi meriti e debolezze- dovendo scegliere una definizione per gli insegnanti italiani, più che “privilegiati” viene in mente ’’eroi dei nostri tempi’’.
Sindacati e insegnanti questo pomeriggio manifesteranno ancora nei pressi del parlamento, tornando a chiedere ascolto per le loro istanze. E stamattina Renzi, intervenendo a Radio Anch’io, ha glissato sull’ipotesi precettazione: forse il preludio a un ammorbidimento. Dunque, in questa vigilia di guerra tra ‘’pezzi’’ che fanno parte del medesimo Stato, c’e’ solo da augurarsi che i due fronti trovino il modo di tornare a parlarsi.
Intanto, vale la pena di riflettere sulle parole pronunciate ieri dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, inaugurando la Fiera del libro di Torino: ‘’l’Italia è troppo condizionata dal malaffare e dalla corruzione: siamo in presenza di una concezione rapinatoria della vita”. Ecco, magari ricordarselo, ogni tanto, che proprio una buona scuola e’ il miglior antidoto a questa erratissima e dannosa ‘’concezione’’ della vita, primo e più grave handicap del nostro paese.
Scuola di relazioni industriali La Sapienza – Diario del lavoro
Le relazioni industriali non stanno vivendo un periodo felice. Al contrario, sono molte le difficoltà che si accavallano per la debolezza degli attori sociali, per l’incertezza delle vicende economiche, per il cambiamento frenetico della legislazione. Con l’intento di fornire strumenti validi a coloro che di relazioni industriali vivono, l’Unità di ricerca Lavoro e Organizzazioni presso il Dipartimento di Scienze Sociali ed Economiche dell’Università La Sapienza di Roma e il Dario del lavoro, hanno organizzato una Scuola di relazioni industriali, che aprirà le attività mercoledi 21 maggio. I corsi si svolgeranno da maggio a ottobre, articolati in 6 sessioni di studio. Le lezioni si terranno a Roma, nelle sedi della La Sapienza e a Villa Piccolomini. Direttori della Scuola sono Domenico Carrieri e Massimo Mascini.
Contrattazione
La multinazionale delle telecomunicazioni Alcatel Lucent ha confermato la volontà di cedere lo stabilimento di Trieste alla statunitense Flextronics, così come, nel settore aeronautico, l’Alenia Aermacchi ha ufficializzato la procedura per la cessione dello sito di Capodichino ad Atitech, con relativo passaggio di 178 lavoratori. A seguito della procedura di licenziamenti aperta dal colosso francese della distribuzione Auchan, si è svolto invece il primo atto di una vertenza che mette a rischio 1.500 lavoratori in tutta Italia, di cui 50 a Taranto.
Prosegue il confronto azienda-sindacati sulla delicata vertenza Whirlpool, nel tentativo di individuare soluzioni alternative alle chiusure, e relativi esuberi, previsti dal piano. Per il subentro della Blutec a Fca nello stabilimento di Termini Imerese, si è invece tenuto oggi il primo incontro di verifica.
Infine, per la vertenza relativa a Mercatone Uno, è stato siglato l’accordo che concede la cassa integrazione straordinaria a 3071 lavoratori, mentre nel campo degli alimentaristi è stato siglato il rinnovo dell’integrativo del gruppo Sanpellegrino per il triennio 2015-2017.