Martedì della prossima settimana comincia la trattativa per fissare nuove regole della contrattazione. Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi e i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil hanno preso questo accordo quando si sono incontrati otto giorni fa a Roma alla foresteria di Confindustria a Roma a via Veneto in un summit riservato. C’è però il rischio che questo confronto fallisca prima ancora di cominciare. La Cgil e la Uil vogliono infatti che prima di arrivare alle nuove regole partano, e magari si chiudano, le trattative per il rinnovo dei contratti in scadenza, quelli di tutta l’industria manifatturiera. Una richiesta che però è stata già respinta dalla Confindustria, secondo la quale queste nuove regole servirebbero proprio ad arrivare al rinnovo dei contratti, altrimenti impossibile.
Squinzi non sembra avere tutti i torti. Innanzitutto perché l’accordo del 2009 è scaduto nel 2013 e, dato che non era previsto che mantenesse la sua validità in caso di mancato rinnovo, non esiste alcuna regola secondo la quale portare avanti il confronto contrattuale. In questi due anni parecchi hanno cercato di sottolineare l’urgenza e la necessità di rivedere quelle regole, ma nessuno li ha ascoltati. Ma c’è anche il fatto che il calo dell’inflazione ha causato una situazione di estrema difficoltà, perché i contratti del 2012 erano stati particolarmente generosi e per le vecchie regole, quelle usate al momento dei rinnovi, tutto ciò che è stato dato in più deve essere restituito. Ma si tratta di cifre consistenti e rinnovare un contratto con aumenti salariali di dieci euro è impresa inutile, sembrerebbe una beffa ai danni dei lavoratori che, tra cassa integrazione e occupazione in calo non se la passano davvero bene.
Insomma, le nuove regole servirebbero eccome, ma è difficile arrivarci. Il punto è che il governo ha già annunciato, non fatto trapelare, Matteo Renzi lo ha detto esplicitamente a Cernobbio, che se le parti sociali non troveranno un accordo interverrà l’esecutivo con una legge. Una legge su cosa? Su rappresentanza e rappresentatività? Sembra difficile e forse inutile. Confindustria e Cgil, Cisl e Uil in quell’incontro riservato hanno sciolto gli ultimi problemi e, dicono loro, in primavera prossima sarà tutto pronto per sapere cosa conta ciascuna parte sindacale. Le disposizioni contenute nel Testo unico del gennaio 2014 finalmente saranno norma corrente e quindi l’intervento di una legge potrebbe essere inutile se non per allargare erga omnes la validità di quelle norme. Insomma, sarebbe una legge di sostegno che perfino la Cisl, il sindacato più attento all’autonomia delle parti sociali, accetterebbe di buon grado.
Diverso invece il discorso per la contrattazione. Qui il governo potrebbe intervenire con una sua proposta. Il buon senso direbbe che sarebbe comunque una mossa difficile, pericolosa, densa di incognite. Si è visto proprio nel 2009 che una riforma della contrattazione ha valore se tutte le parti sociali si trovano d’accordo sui nuovi principi. Allora la Cgil non accettò le norme che pure erano state decise dalla totalità delle altre parti sociali, e, ci si accorse che, nonostante tutti fossero d’accordo, quelle norme non erano applicabili. Se il governo indicasse sue regole e le parti sociali non fossero d’accordo difficilmente quelle norme avrebbero valore, certo non garantirebbero la pace sociale, che dovrebbe essere l’obiettivo primario di ogni governo.
E’ possibile invece che il governo fissi il salario minimo legale. Una realtà in 22 stati europei su 28, che in pratica solo l’Italia non ha ancora e che da più parti viene invece richiesto proprio per regolare la contrattazione. Cosa deriverebbe dalla fissazione di questo salario legale? Il contratto nazionale perderebbe una buona fetta della propria importanza. Perché adesso in Italia i minimi salariali sono fissati appunto dai contratti nazionali di categoria. La magistratura quando deve prendere in considerazione l’entità minima di una retribuzione fa riferimento esplicito proprio ai minimi salariali stabiliti dai contratti di categoria. Una volta che ci fosse una legge il riferimento non potrebbe non farsi che a questo salario minimo legale.
Questo significherebbe la fine del contratto nazionale? Assolutamente no, perché il contratto nazionale non serve solo a fissare i minimi contrattuali, in pratica non serve solo per definire gli aumenti salariali, vi sono contenute moltissime altre indicazioni, in termini di organizzazione del lavoro, welfare, modo di prestazione del lavoro che sono anche più importanti. E comunque l’esistenza di un salario minimo legale non toglierebbe importanza nemmeno alla funzione salariale dei contratti, perché comunque la sua entità sarebbe più contenuta dei minimi contrattuali.
Quindi forse nemmeno l’intervento armato del governo potrebbe sciogliere i nodi della contrattazione. Anche perché c’è un altro problema di fondo da risolvere. Gli industriali hanno infatti affermato chiaramente che, dal momento che non ci sono margini per un’elargizione salariale senza contropartite, ogni aumento salariale prevedibile deve avere un riscontro in un aumento di produttività. Ossia, per avere aumenti salariali occorre produrre le risorse necessarie a sostenerle. Squinzi ha specificato che a suo avviso, proprio per non cadere in nuovi errori, gli aumenti salariali dovrebbero essere decisi a posteriori, non quindi al momento del rinnovo dei contratti, ma alla loro scadenza, quando sarebbe possibile valutare di quanto è cresciuta la produttività e capire quanto è possibile dare ai lavoratori.
I sindacati, nemmeno a dirlo, non sono d’accordo. Vogliono aumenti salariali come si è sempre fatto, al momento dei rinnovi. Di qui l’impasse, perché qualcuno deve anche cedere, ma al momento nessuno è in grado di fare il primo passo. Il rischio, concreto, è che si vada avanti così nell’incertezza e si finisca col far trascorrere tempo. Non saltare il rinnovo, ma nemmeno mettersi d’accordo. La partita è davvero difficile, sarebbe un peccato se a pagare il conto fossero un’altra volta i lavoratori.
Contrattazione
Questa settimana Fca e il sindacato statunitense Uaw hanno raggiunto un accordo per il nuovo contratto di lavoro: l’accordo, di durata quadriennale, riguarderà circa 40mila dipendenti del gruppo e sarà indicativo per tutte le aziende del settore. I sindacati di categoria Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil hanno approvato la piattaforma per il rinnovo del contratto del settore chimico-farmaceutico. Sono invece partite le trattative per il rinnovo del contratto nazionale degli alimentaristi, con la presentazione alle controparti datoriali della piattaforma approvata lo scorso maggio. Ancora, Ikea e sindacati di categoria hanno riaperto le trattative dopo la disdetta, annunciata lo scorso maggio dalla multinazionale svedese, del contratto integrativo aziendale.
Sulla vertenza Nidec Asi (ex Ansaldo), i sindacati metalmeccanici Fim, Uilm e Ugl si sono incontrati con l’azienda per discutere sul rinnovo del contratto integrativo aziendale, presentando una piattaforma comune. Infine, sindacati di categoria hanno sottoscritto al ministero dello Sviluppo economico con Infratel e Asstel un protocollo d’intesa per l’occupazione e la legalità per le imprese di telecomunicazioni e di installazione telefonica.
La nota
Fernando Liuzzi ha seguito i lavori della Conferenza di organizzazione della Cgil, svoltasi a Roma dal 17 al 18 settembre, riferendo in tre successivi articoli i problemi emersi e le soluzioni trovate dal sindacato di Susanna Camusso.
Interviste
Il segretario della Uiltec Paolo Pirani ha spiegato in una video-intervista le dinamiche che hanno portato il suo sindacato a elaborare e approvare la piattaforma rivendicativa per il contratto nazionale dei chimici. Ancora, Fabiana Palombo ha sentito il segretario nazionale della Fp Cgil Fabrizio Rossetti in merito al progetto di autoriforma del sindacato italiano.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare i due rapporti Istat sui prezzi al consumo e sulla produzione nelle costruzioni; il documento approvato dalla Conferenza di organizzazione della Cgil; l’analisi congiunturale di Federmeccanica sul settore metalmeccanico; la piattaforma unitaria dei chimici; il testo del protocollo d’intesa tra sindacati delle telecomunicazioni,Infratel, Asstel e Mise.