La notizia della settimana è, naturalmente, lo sciopero unitario dei metalmeccanici. Innanzi tutto perché si è trattato della prima iniziativa presa di comune accordo tra Fiom Fim e Uilm dopo ben otto anni da separati in casa. In senso tutt’altro che metaforico: le tre categorie dei metalmeccanici condividono da sempre la stessa sede nel quartiere Trieste di Roma, una palazzina su cui campeggia la scritta FLM, mai rimossa malgrado, da decenni, l’antica federazione lavoratori metalmeccanici non esista più se non nei libri di storia. E tuttavia, poiché anche i simboli contano, è appunto simbolico che la conferenza stampa con cui Maurizio Landini, Marco Bentivogli e Rocco Palombella hanno presentato lo sciopero si sia svolta proprio in quel palazzo, sotto quella scritta desueta, tornata improvvisamente quasi attuale con la ritrovata unita’ delle tre sigle sindacali.
A riunirle, come è noto, è stata l’individuazione di un “nemico” comune, quella Federmeccanica che da ormai cinque mesi ha, di fatto, congelato la trattativa per il rinnovo del contratto. In altri tempi, accadeva che due sigle sindacali su tre si sganciassero e decidessero di firmare un accordo a cui invece la Fiom si sottraeva; di qui il detto comune in base al quale Maurizio Landini è il solo sindacalista che non ha mai apposto la sua firma sotto un contratto nazionale. Ma stavolta non è aria di accordi separati, per la semplice ragione che nessun sindacato può permettersi di tornare dai suoi rappresentati con un contratto che non contiene praticamente alcun aumento salariale, come accadrebbe in base alla controproposta di Federmeccanica.
E dunque, per “scongelare” il negoziato, ecco lo sciopero. Secondo i sindacati un successo con adesioni del 75%, e punte quasi al 100%; per Federmeccanica, al contrario, un mezzo flop con adesioni attorno al 25%. Guerra delle cifre, as usual, ma non è questo che conta; quel che conta è la frase con cui la Federmeccanica, per bocca del direttore generale Stefano Franchi, ha commentato lo sciopero stesso guardando oltre: “ribadiamo quanto dichiarato nei giorni scorsi e che lo sciopero non ha modificato: il dialogo e il confronto devono continuare per trovare soluzioni in grado di farci giungere ad una intesa. Il nostro obiettivo è portare avanti il rinnovamento contrattuale e arrivare alla firma del contratto”. Insomma, la trattativa continua.
Ma la vertenza dei metalmeccanici va oltre i confini della categoria, intrecciandosi con la partita del rinnovo del modello contrattuale stesso: prova ne è che lo sciopero è stato benedetto dai leader confederali Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo. In particolare, Camusso ha sottolineato che “è importante per tutto il sindacato che i metalmeccanici, unitariamente, rinnovino il loro contratto coerentemente con la proposta di modello contrattuale che abbiamo elaborato insieme a Cisl e Uil”. Modello sul quale le tre confederazioni hanno avviato da tempo una serie di tavoli di confronto con tutte le associazioni imprenditoriali tranne la Confindustria: dalle Cooperative agli Artigiani, alle Piccole imprese, al Commercio. Ciascuna con le sue caratteristiche e le sue esigenze.
Dunque, se pure il contratto dei meccanici avrà ovviamente un peso non irrilevante nella definizione del nuovo modello contrattuale, è però da escludere che possa essere considerato esaustivo per tutte le associazioni. Inoltre, occorre capire su quale linea si muoverà la nuova Confindustria di Vincenzo Boccia, che entrerà in carica solo dopo il 26 maggio: Squinzi aveva chiuso la porta al confronto con i sindacati, il suo successore la riaprirà, e se si in quali termini? Vale la pena di ricordare che il gioco lessicale con cui Federmeccanica ha sostituito la parola “rinnovo” del contratto con il termine “rinnovamento” è talmente piaciuto alla Confindustria da farne una propria bandiera già nella corsa per la nuova presidenza, e che tutti i candidati avevano dichiarato di avere almeno un punto in comune tra loro: la perfetta condivisione della proposta di Federmeccanica. Per questo, sul negoziato dei metalmeccanici grava il peso di aspettative molto più ampie di un singolo contratto. Il che è quanto meno singolare, per una categoria che fino a non molto tempo fa veniva ritenuta da molti ormai quasi “residuale”.
Altre tre notizie, nella settimana che si sta concludendo, vale la pena di riportare. La prima riguarda i dati sul mercato del lavoro diffusi dall’Inps, che denotano in febbraio un nuovo crollo delle assunzioni a tempo indeterminato del 33%, che segue quello di gennaio, quando il calo segnava meno 34%. Si dimezzano, inoltre, le trasformazioni di contratti a termine in tempo indeterminato, mentre letteralmente volano i voucher, che crescono del 45% toccando, nei primi due mesi dell’anno, il numero record di 20 milioni. Un segnale non buono, perché evidentemente la fine degli incentivi alle imprese sulla contribuzione, varati con la legge di stabilità 2014 e conclusisi in dicembre, rischia di portare con sè anche la fine dell’ondata di assunzioni stabili.
Questa notizia si collega alla seconda, relativa alle pensioni: un nuovo allarme è stato lanciato dal presidente Inps, Tito Boeri, secondo il quale senza un intervento che consenta una uscita flessibile dei lavoratori più anziani non sarà mai possibile inserire nel mercato del lavoro i giovani. Ma la flessibilità comporta costi ingenti che le casse dello stato non sono in grado di coprire. Si intrecciano dunque soluzioni più o meno fantasiose: ultima, quella di pensionarsi anticipatamente ma a spese proprie, attraverso un prestito bancario da restituire poi in comode rate una volta arrivati all’età giusta per riscuotere l’assegno dall’Inps. Intanto, i vecchi restano al lavoro, e i giovani a spasso.
Ultima notizia, quella del referendum sulle trivelle, perso dal fronte referendario per mancanza di quorum. Il premier Matteo Renzi, molto soddisfatto, ha affermato che “hanno vinto i lavoratori”, riferendosi agli addetti del settore petrolifero che non rischieranno di perdere il posto con la fine delle concessioni che era alla base del quesito referendario. Per una volta il premier è in perfetto accordo con i sindacati di categoria, che si erano a loro volta schierati contro il referendum e per la salvaguardia dell’occupazione. Resta che, prima o dopo, anche in Italia come nel resto del mondo, sarà necessario affrontare (seriamente, non a colpi di referendum) l’eterno dilemma tra la salvaguardia dell’ambiente e quella del lavoro. Oggi che ricorre l’Earth Day, la giornata che l’ONU dal 1970 dedicata all’ambiente e alla salvaguardia del Pianeta Terra, ci auguriamo di riuscirci. Anche se siamo coscienti che nessuno, negli ultimi quarant’anni, ha ancora saputo indicare una strada concretamente percorribile.
Contrattazione
Questa settimana si è riaperto il tavolo per il rinnovo del contratto della distribuzione cooperativa. Le parti non hanno trovato un punto di incontro, rimandando la discussione alle prossime settimane. Sulla vertenza Ales, sindacati e azienda si sono incontrati per discutere delle modalità di erogazione dei permessi retribuiti non goduti, dopo l’ inserimento di Ales nell’elenco del codice Istat in qualità di pubblica amministrazione. Sul settore tessile, Smi-Confindustria e sindacati di categoria hanno aperto aperto le trattative per il rinnovo del contratto nazionale, scaduto il 31 marzo 2016. Buone notizie per quanto riguarda la vertenza Sangalli: sindacati e regione Puglia hanno infatti trovato delle soluzioni in merito alla possibile acquisizione dell’azienda da parte di diversi investitori. Risultati positivi sono emersi anche per la vertenza Carlson WagonLit Travel Italia: i sindacati e la direzione societaria hanno infatti siglato il nuovo integrativo per gli 800 dipendenti delle 5 filiali italiane del gruppo multinazionale. Infine, per i circa 4mila addetti agli impianti di trasporto a fune, sindacati di categoria e l’associazione datoriale Anef hanno siglato una ipotesi di accordo, che prevede un aumento medio mensile a regime di 71 euro. Sempre sul fronte contrattazione, l’Osservatorio della Cisl ha diffuso i dati sugli accordi aziendali stipulati nel corso del 2015, da cui emerge una ripresa delle intese sul salario e sul welfare aziendale e un piccolo ma significativo calo di quelle sulle crisi aziendali.
Diario della crisi
Anche questa settimana sono arrivate numerose notizie dalle regioni, in cui aziende pubbliche e private tagliano il personale a causa della crisi. Prima tra tutte Almaviva, che anche questa settimana ha fatto parlare di sé. Dopo i primi due incontri di lunedì 18 aprile al Mise e a Confindustria, sindacati di categoria, azienda e governo si sono riuniti nuovamente per trovare una soluzione alternativa ai 3000 licenziamenti annunciati da Almaviva. Il governo ha proposto una revoca dei licenziamenti per sei mesi, per poter intervenire sui reali problemi del settore, ma l’azienda ha dichiarato di poter accettare solo applicando contratti di solidarietà al ribasso. Condizioni inaccettabili per i sindacati, dunque un nulla di fatto. Il braccio di ferro tra le parti continuerà la prossima settimana, con due incontri programmati per il 26 e il 29 aprile presso il Mise.
Nel Lazio i lavoratori di Teleperformance, società di call center che gestisce i servizi al pubblico di Apple, hanno scioperato per protestare contro il mancato rinnovo del contratto da sei mesi. La novità è che questo è uno dei primi scioperi convocati da lavarotari in somministrazione in Italia. Inoltre, come è già avvenuto la scorsa settimana, nel Lazio continuano le vertenze nel settore della sanità pubblica. Diversi i licenziamenti tra i lavoratori degli appalti delle pulizie degli ospedali.
Nella Capitale, invece, lo sciopero dei trasporti pubblici ha paralizzato la città proprio nel giorno dei festeggiamenti per il Natale di Roma, mentre continua la vertenza delle lavoratrici degli asili nido. Al momento, il Campidoglio ha pubblicato un bando per soli 18 posti su 2mila educatrici in attesa di rinnovo. Lo hanno sottolineato le stesse educatrici che sono intervenute al convegno “Stati generali al femminile, come cambia il potere grazie alle donne”, organizzato dall’Anci in occasione del 70° anniversario del voto alle donne.
Scendendo lungo lo stivale, troviamo la vicenda dello stabilimento Eni di Viggiano in Basilicata, del quale il tribunale ha convalidato il sequestro, ragion per cui sono stati confermati i 354 licenziamenti dei dipendenti dello stabilimento. A seguire, in Sicilia, i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno organizzato per il prossimo 7 maggio una manifestazione regionale per stimolare l’amministrazione ad affrontare temi come la crescita industriale, il rilancio delle aree di crisi e i nodi in materia di investimenti. Nel frattempo, a Palermo, si è tenuto un altro incontro per sbloccare gli ammortizzatori sociali da cui dipende il futuro di 3 mila persone.
La nota
Due articoli firmati da Fernando Liuzzi sullo sciopero dei metalmeccanici, il primo unitario da otto anni: nel primo, un resoconto della conferenza stampa in cui sedevano fianco a fianco i segretari generali di Fiom, Fim e Uilm, nel secondo una analisi sull’esito dello sciopero che ha visto, secondo le fonti sindacali, adesioni attorno al 75%.
I blogger del diario
Massimo Masi, Credito, come risolvere le problematiche occupazionali
Documentazione
Questa settimana, su Il diario del lavoro, è possibile consultare: il rapporto Istat sul fatturato e ordinativi dell’industria e quello sul commercio al dettaglio; i dati dell’Inps sui flussi delle pensioni nel I trimestre 2016 e i dati sul precariato dei primi due mesi dell’anno. Infine, è possibile visionare l’audizione della Cgil sul Def 2016 presso le Commissioni riunite di bilancio del Senato e della Camera, e i dati pubblicati dalla Fiom Lombardia sui licenziamenti nella regione solo nei primi mesi del 2016.