Certezze ovviamente non ce ne sono, ma il nome di Sergio Mattarella si propone con sempre maggiore insistenza per la sostituzione di Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica. Un’indicazione confortante, perché le caratteristiche, la storia personale, l’indole fanno di Mattarella l’uomo giusto per la prima carica istituzionale in questo particolare momento della nostra storia. Se tutto andrà come deve, per l’inizio della prossima settimana l’Italia avrà il nuovo presidente, e sarà dunque pronta per affrontare tutti i problemi che ancora gravano sul paese. In primo luogo la crisi economica, che se altrove è già un ricordo, da noi è invece ancora forte. I segnali di ripresa non mancano, anzi si stanno rafforzando, stanno diventando ogni giorno più nitidi, ma l’obiettivo è ancora lontano, molto lontano. Questo anche perché tutti i motivi che aggravavano la nostra economia prima del 2008 non sono stati rimossi: sono ancora tutti lì e rappresentano altrettante palle al piede, impedendoci il decollo. Per questo è adesso che inizia la parte più difficile, perché si tratta finalmente di fare quelle benedette riforme sempre rinviate. E avere un presidente che non divide, ma al contrario professa la necessità della coesione, può essere un asset importante per la ripresa della nostra economia.
Noi restiamo convinti che le relazioni industriali possono aiutare concretamente questo sforzo, perché è dalla comune visione dei problemi che può venire l’indicazione migliore per affrontare e superare i problemi. Ma le relazioni industriali non godono di buona salute. La contrattazione sta vivendo un momento molto complesso. In ballo c’è il futuro del contratto nazionale. E’ indicativa di queste difficoltà l’evenienza di cui abbiamo già parlato a proposito del rinnovo del contratto dei chimici, ma anche dei metalmeccanici e di tante altre categorie industriali.
I rinnovi dei contratti di tre anni fa, infatti, nell’ansia di corrispondere un aumento salariale consistente, previdero una crescita salariale non indifferente. In questi tre anni però l’inflazione è caduta fino quasi ad azzerarsi. Il risultato è che si prospetta adesso un rinnovo quasi senza aumenti salariali, quasi un non contratto. E questo getta una luce sinistra sul futuro del contratto nazionale, strumento che serve essenzialmente per recuperare quanto i salari perdono per l’inflazione; ma se questa non c’è più, viene meno la funzione principale dello strumento stesso. Tanto più se Matteo Renzi insistesse nel suo progetto di dar vita a un salario minimo garantito, che rappresenterebbe l’alternativa al contratto stesso.
Non parliamo di fantarelazioni industriali: è quanto sta già accadendo. L’Abi ha disdettato il contratto dei bancari e fra tre mesi, se non si riesce a trovare un accordo (e non sembra vicino) la categoria resterà senza un contratto nazionale. Un’eventualità positiva per chi sostiene, e sono tanti, la necessità di privilegiare il contratto aziendale rispetto al contratto nazionale. Ma sarebbe un cambiamento molto delicato, soprattutto tenendo conto della scarsa diffusione della contrattazione aziendale. Le divisioni che ne deriverebbero non aiuterebbero il cammino della ripresa economica.
Servirebbe a questo punto un intervento degli attori delle relazioni industriali, non tanto delle federazioni di categoria, quanto delle confederazioni. Ma a questo livello non sembra esserci uno sfrenato attivismo. Un anno fa Confindustria e Cgil, Cisl e Uil hanno firmato il Testo Unico che proprio in materia di contrattazione e rappresentatività ha dettato nuove regole, molto moderne e molto importanti. Peccato che da allora non sia accaduto nulla e quell’accordo non possa essere applicato per mancanza delle regole pratiche di funzionamento. Servirebbe un nuovo accordo, tanto più che la Confindustria sette mesi fa ha lanciato nuove richieste per un’ulteriore modifica delle regole. Ma, appunto, nessuno si muove, nessuno propone o dispone nulla. In questo deserto di idee e proposte la situazione peggiora, si deteriora, certo non migliora. E invece le scadenze contrattuali si avvicinano. I primi settori industriali, gli alimentaristi e i cartai, dovrebbero essere alla vigilia dell’avvio delle trattative. Ma come portarle avanti senza regole, senza sapere come muoversi?
Contrattazione
Settimana ricca di incontri. I commissari dell’Ilva di Taranto, dopo l’incontro con i sindacati metalmeccanici, hanno dichiarato la disponibilità a dare continuità ai contratti di solidarietà per i lavoratori del gruppo. Inoltre i commissari hanno assicurato che verrà erogato il pagamento degli stipendi di gennaio per i dipendenti diretti dell’Ilva e hanno impegnato il governo a reperire i fondi per procedere al pagamento degli arretrati per i lavoratori dell’appalto e dell’indotto. Anche i 262 lavoratori dei call center di Accenture, che nel dicembre scorso sono passati alla società British Telecom “Atlanet”, si vedranno riconosciuti i contratti di solidarietà, grazie alla sigla dell’accordo tra azienda e sindacati di categoria. Si è conclusa in maniera positiva la vertenza Teckna Impianti, con l’accordo per il ricorso alla cassa integrazione straordinaria per i 35 lavoratori dello stabile Campi Bisenzio.
Sul fronte del settore immobiliare, l’azienda del gruppo Scarpellini “Milano 90” e i sindacati del settore hanno siglato un accordo grazie al quale sono stati scongiurati 426 licenziamenti, a rischio esubero per via della decisione delle istituzioni appaltatrici di recedere da alcuni contratti d’affitto con l’azienda. Si è conclusa positivamente, dopo l’incontro al ministero dello Sviluppo Economico, la vertenza della ex Merloni. È stato concordato infatti una proroga degli interventi nazionali dell’accordo di Programma (attualmente in scadenza a marzo 2015), fino al 2017. Altro incontro, in questo caso interlocutorio, tra le organizzazioni sindacali e il gruppo Hp. L’azienda ha rassicurato che non ci saranno licenziamenti e che la soluzione industriale è l’unica opzione. Infine, il nuovo piano industriale della Cevital, presentato questa settimana ai sindacati del settore, conferma gli investimenti nello stabilimento della Lucchini, arrivando ad investire 1 miliardo e mezzo di euro.
La nota
Il Diario del Lavoro, questa settimana, pubblica due note. La prima fa il punto della situazione sulla fase di commissariamento straordinario dell’Ilva e sull’incontro di martedì 27 gennaio tra i sindacati dei metalmeccanici e i tre neo-commissari del gruppo. La seconda è una recensione del saggio di Guido Baglioni sul lavoro salariato che il professore di Sociologia economica dell’Università di Milano Bicocca, Serafino Negrelli, ha realizzato per il Diario del Lavoro.
Interviste
In vista dello sciopero nazionale dei bancari che si sta svolgendo proprio oggi, con manifestazioni in quattro piazze delle principali città d’Italia, Emanuele Ghiani ha intervistato, per il Diario del Lavoro, il segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale.
Opinioni
Su Il diario del lavoro una nota di Roberto Polillo che analizza la situazione sociale in Grecia, con particolare attenzione alla sanità. A suo avviso il governo Tsipras deve intervenire velocemente, ma badando a non far fallire il tentativo.
Documentazioni
Questa settimana, sul Diario del Lavoro, avrete accesso a due rapporti Istat, sulle retribuzioni contrattuali e sui dati relativi all’occupazione e disoccupazione nel nostro paese, e a due documenti del centro studi di Confindustria, uno sulla produzione industriale, l’altro sull’analisi economica del mese di gennaio 2015, in relazione alla nuova riforma del mercato del lavoro. Inoltre potrete consultare la sintesi del documento approvato dal Comitato Esecutivo Cisl, incentrato sul programma di quantitative easing della Bce, sui decreti attuativi al Jobs Act e sulla riforma del sistema previdenziale, nonché i dati di sintesi dell’assemblea dei delegati di Alleanza Cooperative.