“Non possiamo che valutare positivamente l’operazione. Resta il rammarico per i tempi. Tutto questo si poteva fare prima dello scorporo della rete”. È questo il giudizio di Riccardo Saccone, segretario generale della Slc-Cgil, in merito all’acquisizione da parte di Poste del 15% di Tim dal gruppo francese Vivendi per 684 milioni di euro, che ha visto il gruppo guidato dall’amministratore delegato Matteo Del Fante salire al 25%.
Segretario a cosa è dovuto questo rammarico?
Al fatto che prima della scorporo della rete c’era stato un interessamento da parte di Poste. È un’operazione che, come detto, giudichiamo positiva, e che in prospettiva evita un ulteriore spezzatino di Tim da parte di Swc e Iliad.
Quali sono ora le prospettive industriali?
Per ora ci basiamo sulle dichiarazioni di Poste e Tim che hanno appunto ribadito di voler dare a questa nuova creatura un futuro di stampo industriale. E questo a noi non può che farci piacere. L’operazione ha una sua logica, non come quando Poste entrò in Alitalia. Il gruppo guidato da Del Fante è un provider di logistica in senso ampio e la presenza di Tim ben si integra.
Il nuovo assetto di Tim influenzerà in qualche modo le aggregazioni?
Da questa acquisizione Tim ne esce rafforzata e la pone come competitor nei confronti di Swisscom-Vodafone. Ma questo non esaurisce il bisogno di aggregazioni del settore. In gioco ci sono, ancora, Tim stessa, Iliad e Wind Tre.
Qual è il male principale del comparto?
Che è in mano a dei venditori e non a degli industriali. Finché si ragiona in questi termini, finché non si comprende che i dati sono il petrolio del futuro, ci sarà sempre una compressione dei costi e un dumping al ribasso. Anche il tema della tariffe è una scelta che ricade nella responsabilità del gruppo dirigente degli operatori. In che modo si può chiedere allo stato di alzare le tariffe se il mercato è libero? Sulla base di quali criteri dovrebbe innalzarle? Ovviamente il governo può intervenire aumentando l’iva, gli si può rimproverare una mancanza di politica industriale, ma non possiamo pretendere che sia lui a intervenire sulle tariffe. Bisogna iniziare a ragionare da settore, senza rincorrere gli interessi di parte. E questo lo si fa anche rinnovando il contratto.
Sul contratto siete reduci da una sciopero. Che prospettive ci sono?
Al momento non ce ne sono. Qui non siamo come i metalmeccanici dove Federmeccanica ha avanzato una contropiattaforma che i sindacati hanno giustamente rigettato. Il contratto è scaduto da due anni e mezzo, e in questo periodo l’inflazione ha gravato molto sul potere di acquisto dei lavoratori. Quindi è un rinnovo che deve mettere al centro il salario. Se non avremo risposte la mobilitazione non si fermerà.
Tommaso Nutarelli