Il coronavirus sembrava averle sedate, forse non cancellate del tutto, ma almeno ricacciate negli angoli più reconditi dell’animo umano, dove riprenderle sarebbe stato più difficile. Invece è bastato poco per riaccenderle. È bastata una notizia, una bella notizia non solo per la famiglia direttamente interessata, ma per tutti noi. Una luce in questi tempi bui e incerti. Una ragazza italiana, poco più che ventenne, è stata liberata. Oggi si fa chiamare Aisha.
Si alzano i primi mugugni. Qualcuno avrà detto che Aisha non è un nome tipicamente italiano. Magari Silvia? Perché no? Suona meglio. Arriva il primo chiarimento. Io sono Silvia, spiega la diretta interessata, ma ora sono anche Aisha. I mugugni e le facce lunghe persistono. Ma il peggio, per la parte perplessa del pubblico, deve ancora venire. La ragazza prende nuovamente la parola. Io sono Silvia e da oggi sarò anche Aisha, riassume brevemente, e mi sono convertita all’Islam spontaneamente, precisa.
E qui il vaso di Pandora, con quelle maledette vecchie abitudini, si riapre in un solo colpo. L’odio, tenuto al guinzaglio in queste settimane, perché non c’era in giro nessuno più da odiare, salvo i runner ritenuti degli untori, esplode in tutta la sua violenza. Sui social, ma anche, in parte, nella politica, dove il deputato leghista Alessandro Pagano l’ha definita una “neo terrorista”. Poi che un Pagano qualsiasi abbia da ridere sull’identità religiosa di una persona suona molto strano.
Eppure i buoni propositi che ci siamo appuntati durante la pandemia erano molti. Recuperare la solidarietà e il rispetto. Siamo tutti sulla stessa barca abbiamo ripetuto più volte. Il virus doveva renderci consapevoli della nostra uguaglianza. In fin dei conti le nostre differenze trovano dimora in un terreno comune, la nostra umanità. Questo avrebbe dovuto insegnarci la pandemia. La liberazione di Silvia poteva essere un banco di prova, ma abbiamo fallito, cedendo al populismo e alle accuse becere, pronti a soffocare la libertà di una persona quando, per intere settimane, ci siamo lamentati di non averla più.
L’identità, culturale, religiosa e sociale, è una bellissima cosa ma, messa nelle mani sbagliate, diventa un flagello per l’umanità.
Tommaso Nutarelli