“Un primo incontro interlocutorio ma importante, che ha avviato una riflessione sul cambiamento del modello organizzativo del lavoro indotto da quella che è stata più una remotizzazione del lavoro che un vero e proprio smart working, utilizzata per contrastare gli effetti della pandemia. Ora è necessario capire cosa succederà nelle prossime settimane dopo la cessazione dello stato di emergenza, prevista per il 15 ottobre”. Ad affermarlo la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti al termine del confronto di oggi con la Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Nunzia Catalfo su smart working.
“È importante – prosegue la dirigente sindacale – che vengano ripristinate le norme sul lavoro agile saltate con i provvedimenti emergenziali, a partire dal diritto all’accordo individuale o alla dotazione strumentale a carico delle aziende”. “Inoltre, è fondamentale – sottolinea la segretaria confederale – definire meglio le regole dello smart working, partendo dalla norma di riferimento, la legge 81 del 2017”. La dirigente sindacale ricorda che quest’ultima “ha sempre avuto il grave limite di non prevedere l’obbligo della contrattazione collettiva, che dovrebbe invece essere fonte primaria per la definizione dei diritti, prima ancora che questi vengano pattuiti all’interno di un accordo individuale, come il diritto alla disconnessione e quelli alla salute e sicurezza, alla gestione dei tempi di lavoro”.
“Infine – conclude Scacchetti – abbiamo evidenziato alcune derive dell’utilizzo dello smart working, come la remotizzazione di intere attività che in alcuni settori potrebbe diventare anche strutturale, con preoccupanti effetti a cascata per altri settori, dai pubblici esercizi alla ristorazione collettiva”.
“Al Governo abbiamo chiesto di riportare il lavoro agile nel solco della contrattazione e di stabilire insieme linee fondamentali per difendere diritti e rilanciare protezione sociale e produttività di sistema. La ministra Catalfo ha aperto ad una impostazione che valorizza il ruolo delle relazioni industriali: un passo positivo e importante a cui auspichiamo corrispondano subito atti concreti”. Lo ha detto Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto Cisl
“Lo smart working – ha aggiunto – se ben implementato è un’ottima occasione per rilanciare efficienza d`impresa, benessere del lavoratore, sostenibilità ambientale. Opportunità che però, sia nel privato che nel pubblico, non possono essere colte da una legge indifferenziata che impone soglie massime o deroghe che permettono alle imprese di operare unilateralmente.
In vista della fine del regime di emergenza, prevista il 15 ottobre, dobbiamo arrivare a un’intesa concertata tra Governo, Sindacato e Imprese per stabilire saldi affidamenti reciproci da attuare nei luoghi di lavoro attraverso la contrattazione nazionale, aziendale e territoriale. Linee che riguardano, tra l’altro, la difesa del salario, chiari limiti sull’orario massimo di lavoro, il riconoscimento dei diritti sindacali e di quelli fondamentali alla privacy e alla disconnessione. Le aziende devono investire sul diritto soggettivo alla formazione e assicurare la fornitura dei dispositivi tecnologici necessari”.
“È infine indispensabile estendere allo smart working la disciplina su salute e sicurezza e tenere fermo il principio di adesione volontaria al lavoro agile da parte dei lavoratori. E` su queste tematiche che si gioca il futuro di questa modalità di lavoro, ed è su questo che chiamiamo il Governo e le rappresentanze datoriali ad assumere impegni coerenti”, ha concluso Sbarra.
“L’incontro odierno convocato dal Ministero del Lavoro con i Sindacati sullo smart working ha avuto carattere interlocutorio e ha permesso alle Parti di confrontarsi su un tema rivelatosi di estrema importanza, in questi mesi, per tutelare la salute delle lavoratrici e dei lavoratori durante la fase di emergenza sanitaria. Il percorso procederà con un secondo incontro che dovrà essere indetto prima del 18 ottobre”. Lo afferma la segretaria confederale della Uil, Tiziana Bocchi
“Consideriamo lo smart working uno strumento importante, atto a inserirsi in un progetto più ampio di sviluppo del nostro Paese, ma non può rappresentare la panacea di tutti i mali.
Abbiamo proposto alla Ministra di immaginare, una volta usciti dal periodo di emergenza, uno strumento, ad esempio un protocollo o un accordo, capace di dare grande forza alla contrattazione, sia nazionale, per delineare le linea guida a cui il contratto individuale dovrà fare riferimento, sia alla contrattazione di secondo livello, che stabilirà meglio nelle aziende e nei territori, secondo le esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori, le modalità di svolgimento di questo istituto”.
“È importante – ha proseguito Bocci – ancora sottolineare che tale istituto non debba essere inteso dalle aziende solamente come un sistema per abbattere i costi. Vanno individuati percorsi e soluzioni innovative, una flessibilità oraria ben definita in cui si inseriscono fasce di reperibilità precise, al di fuori delle quali il/la lavoratore/trice possa dichiararsi non disponibile senza incorrere in sanzioni disciplinari, un diritto alla disconnessione che non deve rimanere sulla carta, ma deve essere concretamente esigibile al fine di renderlo uno strumento non solo utile, ma soprattutto efficace e giusto.
“Allo stesso modo, debbono essere tutelati i diritti alla salute e alla sicurezza sul lavoro, quelli sindacali, il diritto ad una adeguata formazione, al fine di non penalizzare lo sviluppo professionale delle lavoratrici e dei lavoratori, e, da ultimo, ma non per ultimo, potremmo dire, quelli “relazionali”. In particolare, non possiamo permettere che lo smart working diventi una nuova forma di discriminazione delle donne. La sfida che ci attende è di creare un sistema inclusivo, dove chi lavora da remoto si possa sentire, da un lato, tutelato come i suoi colleghi, dall’altro sempre parte di una comunità aziendale. Ci auguriamo che la Ministra riesca a fare sintesi di tutte le riflessioni che abbiamo portato alla sua attenzione” ha concluso.
TN