Contrattare e regolare lo smart working, traghettando il pubblico impiego verso una nuova cultura organizzativa. Di questo si è discusso nel corso del seminario “Quale smart working per il lavoro pubblico”, organizzato dalla Cgil, al quale hanno partecipato esponenti del mondo del sindacato e studiosi. La pandemia, infatti, ha posto con forza la presenza dello smart working nel mondo del lavoro, attraverso prassi e modalità non sempre contrattate, così come ha fatto emergere la necessità di una definizione, anche giuridica, dei contenuti e dei confini del lavoro agile.
C’è, prima di tutto, una confusione terminologica da dissipare. Infatti, come ha sottolineato Lorenzo Zoppoli, docente di diritto all’ateneo di Napoli, il significato che noi attribuiamo allo smart working ha una peculiarità strettamente nazionale che, fuori da nostri confini, si presta a più letture. La connotazione “smart” della mansione lavorativa non sempre si traduce nello svolgere il proprio lavoro da casa – molto più assimilabile all’home working – ma, semmai, a un lavoro impostato per obiettivi e progetti, realizzabile anche in presenza e non unicamente da remoto. Un bisogno di chiarezza che si respira anche sul fronte del profilo giuridico. La legge 81 del 2017 sul lavoro agile aveva individuato in questo istituto uno strumento capace di migliorare il work-life balance e incrementare la produttività e l’efficienza. Con la pandemia, lo smart working è diventato un mezzo di salvaguardia della salute del lavoratore, limitando o annullando gli spostamenti verso il luogo di lavoro, e un ammortizzatore sociale, per evitare di ricorrere alla sospensione dal servizio.
Il pubblico impiego, ha spiegato Serena Sorrentino, segretaria generale della Fp-Cgil, si è trovato, più di altri settori, a subire lo tsunami dello smart working. Per Sorrentino il cambio di passo, indispensabile per portarsi dietro le buone prassi che in queste settimane si sono consolidate, deve coincidere con una nuova cultura organizzativa, nella quale lo smart working possa definirsi veramente tale. Significa dunque ridisegnare la mansione lavorativa in base agli obiettivi, e non unicamente su una valutazione incentrata sulla presenza. Un percorso che deve coinvolgere i lavoratori e soprattutto i dirigenti. La contrattazione rimane la migliore cassetta degli attrezzi attraverso la quale stabilire le regole del gioco.
Anche per Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc-Cgil, una dimensione organizzativa contrattata resta un nodo centrale per gestire al meglio il lavoro da remoto. Nella scuola, afferma Sinopoli, questo non è avvenuto, con la didattica a distanza che è stata strutturata unilateralmente dal dirigente scolastico, con uno scarso coinvolgimento dei docenti. Soprattutto non si può pensare, una volta superata l’eccezionalità del momento, che lo smart working potrà sostituirsi totalmente al lavoro in presenza. Nel caso specifico dell’insegnamento, sottolinea Sinopoli, questo causerebbe un impoverimento difficilmente recuperabile nella relazione insegnante-alunno e, più in generale, il posto di lavoro offre alla persona la possibilità di un arricchimento complessivo, non replicabile a distanza.
Per entrambi i leader sindacali le criticità non mancano. Disintermediazione, destrutturazione del lavoro, nuove forme di stress – legate a un impiego eccessivo delle tecnologie – ridefinizione degli istituti contrattuali, a partire dal salario e dalla gestione dei tempi sono tutte quelle zone d’ombra che il ricorso emergenziale al lavoro agile ha fatto emergere e alla quale la contrattazione deve porre rimedio
Dunque la strada da percorre è tutt’altro che facile e chiaramente tracciata. Una nuova cultura organizzativa, ha dichiarato il presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, è un traguardo che richiede uno sforzo collettivo che può essere portato a termine un accordo quadro con tutti gli attori coinvolti. Parlare di un’unica amministrazione pubblica non è corretto. Abbiamo, semmai, una pluralità di amministrazioni, ha specificato il presidente dell’Aran, per le quali occorre trovare la declinazione più appropriata del lavoro agile. L’impostare per obiettivi il lavoro richiede, inoltre, una sinergia tra la sfera politica e il top management pubblico. Un rapporto tuttavia non sempre snello e foriero di indicazioni. Per Naddeo andrebbero maggiormente valorizzate anche le competenze e le risorse professionali di ogni singolo dipendeNte, per un vero cambio di cultura lavorativa e organizzativa.
Tommaso Nutarelli