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Tlc, Asstel: in dieci anni i ricavi sono crollati del 32% ma si sono investiti più di 70 miliardi

Tommaso Nutarelli
Ottobre28/ 2021

Un settore con 200mila addetti, che rappresenta l’1,7 del Pil e che nel 2020 ha fatto registrare ricavi per 28,5 miliardi, in calo di 1,5 miliardi rispetto allo scorso anno e con un crollo del 32% dal 2010 a oggi, superiore a tutti gli altri paesi europei. È quanto emerge dal Rapporto sulla Filiera delle Telecomunicazioni in Italia, presentato da Asstel-Assotelecomunicazioni insieme alle organizzazioni sindacali Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil.

Il comparto dovrà accompagnare il paese nelle grandi sfide che lo attendono, dalla transizione ecologica alla definizione di nuovi modelli organizzativi e di business per le altre filiere, che dalla digitalizzazione avranno sicuramente dei benefici, senza dimenticare il ruolo di collante che il digitale ha svolto nei mesi di lockdown, tra smart working e didattica a distanza. La scommessa del futuro la si potrà vincere unicamente puntando sulle persone e le loro competenze. La formazione, intesa come opera di reskilling e upskilling, dovrà essere al centro di una contrattazione di anticipo, capace cioè di prevedere i cambiamenti del mercato del lavoro, senza dimenticare il problema del mancato incontro tra domanda e offerta e la penuria di precise figure professionali.

Tornando ai numeri del rapporto, il calo dei ricavi è da attribuire a un contesto estremamente competitivo, che ha comportato un ulteriore calo dei prezzi, nonostante il 2020 sia stato un anno record per i volumi di traffico dati: +50% sia per il fisso che per il mobile.

Altro elemento centrale, per mantenere in buono stato di salute l’intera filiera, è costituito dagli investimenti che negli ultimi dieci anni, nonostante il calo dei ricavi, sono aumentatati. Dal 2010 le risorse impiegate, soprattutto in infrastrutture, hanno superato i 70 miliardi. Nel 2020 sono stati 7,4 miliardi, pari al 26% del fatturato totale degli operatori.

Il rapporto ha poi evidenziato la necessità per il settore di una sinergia, un’osmosi continua tra il mondo della ricerca, dell’innovazione del lavoro, e soprattutto la possibilità di trovare personale qualificato e formato. Nelle aziende associate ad Asstel l’85% dei dipendenti ha un’età superiore ai 40 anni, e la stessa percentuale dovrebbe mantenersi invariata fino al 2025. In altre parole l’innovazione tecnologica corre molte più veloce del ricambio generazionale e quindi dell’inserimento delle nuove competenze. Il 61% delle aziende lamenta la difficoltà di riperile sul mercato.

Sul valore delle persone e della formazione è intervenuta Laura Di Raimondo, direttrice di Asstel. Di Raimondo ha ricordato l’ottimo stato delle relazioni industriali nella filiera, che durante la pandemia hanno permesso, lo scorso novembre, di firmare il rinnovo del contratto e di definire le linea guida per il lavoro agile, non per gestire la fase emergenziale ma per definire la nuova normalità caratterizzata da un modello ibrido, tra lavoro in presenza e da remoto. Il segretario generale della Slc-Cgil, Fabrizio Solari, ha definito come non più rinviabile un “piano Paese” per le infrastrutture digitali, affermando come la pandemia abbia sancito la nascita di un nuovo diritto quello della connettività, senza la quale, sostiene Solari, si è esclusi dall’esercizio della cittadinanza. La Cisl, con il segretario generale della Fistel, Vito Vitale, ha marcato l’importanza del fondo per le competenze, per il quale nell’ultimo rinnovo sono state destinate risorse significative, attraverso il quale dare valore ai lavoratori e alla loro formazione in termini di qualità. Salvo Ugliarolo, segretario generale della Uilcom-Uil, ha ribadito l’impegno delle parti sociali nel dare delle regole ha un settore, troppo spesso abbandonato dalla politica, in termini di contrasto al dumping contrattuale e salariale e di applicazione delle clausole sociali. Tutti temi che per la Uil avrebbero bisogno di essere riprese all’interno di un tavolo ministeriale.

Una richiesta accolta positivamente dal ministro del Lavoro, Andrea Orlando, presente al forum. Innanzitutto, afferma il ministro, per ragionare su come si può fare partire il Fondo bilaterale di settore, ma anche sul tema che riguarda la formazione. C’è inoltre un problema, ha precisato Orlando, che riguarda come si interviene, in modo omogeneo, in un settore come questo, a fronte di risorse importanti. Tra Pnrr e risorse proprie abbiamo mobilitato qualcosa come 5 miliardi di euro e, sulla formazione, sono stati già stanziati 800 milioni. L’apertura e l’attenzione del governo agli attori del settore è stata riconfermata anche nelle parole del ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale, Vittorio Colao. Il decreto semplificazione, nell’ottica di Colao, si muove in questa direzione, e ogni suggerimento e consiglio saranno ascoltati dall’esecutivo.

Tommaso Nutarelli

Tommaso Nutarelli

Redattore de Il diario del lavoro.

Redattore de Il diario del lavoro.