Sono centomila i lavoratori del settore aereo che hanno perso o rischiano di perdere il posto di lavoro a seguito dell’attacco terroristico della scorsa settimana. È questo lo scenario drammatico che i responsabili delle compagnie aeree hanno fatto presente ai rappresentanti dell’amministrazione Bush nella speranza di
strappare la promessa di un forte programma di aiuti. Ma
alla crisi delle compagnie si aggiunge quella dell’indotto
degli aeroporti, anche questo alla ricerca di una
ciambella di salvataggio pubblica.
Intanto Boeing, il più grande produttore di aerei civili
del mondo, ha confermato l’intenzione di ridurre la sua
forza lavoro di una percentuale tra il 20 e il 30 per
cento, pari cioè nella peggiore delle ipotesi a 31.000
dipendenti.
United Airlines, una delle principali compagnie aeree
degli Stati Uniti, si prepara a licenziare 20.000
dipendenti. Lunedì la Us Airways aveva annunciato 11.000
licenziamenti e sabato scorso era stato il turno della
Continental, che aveva ridotto la sua forza lavoro di
12.000 unità. Il prezzo da pagare è ancora più pesante per
le compagnie di medie e piccole dimensioni: Midway
Airlines ha dichiarato bancarotta il giorno sucessivo ai
folli attacchi terroristici, licenziando tutti i suoi
1.700 dipendenti. Il calo della vendita di biglietti aerei
è talmente accentuato che le 5 principali compagnie
americane – American, United, Delta, Northwest e
Continental Airlines – hanno tutte annunciato una
riduzione del 20% dei propri voli, a partire dall’1
ottobre. La paura di nuovi attentati terroristici ha fatto
sì che alcune centinaia di assistenti di volo abbiano
preferito prendere dei periodi di ferie non retribuiti
anzichè presentarsi regolarmente al lavoro. Secondo quanto
dichiarato dal segretario ai Trasporti Usa Norman Mineta
il settore del trasporto sta perdendo 250-300 milioni di
dollari al giorno dal momento dell’attentato. Le
prospettive sono di una perdita complessiva di 10-11
miliardi di dollari entro il 2002, un bilancio che
sostituirebbe quello del 1992 come il peggiore della
storia americana. Anche nel 1992 erano stati eventi
bellici a mettere sotto sopra i bilanci delle compagnie
aeree: lo scoppio della Guerra del Golfo nel 1991 e la
seguente recessione in cui erano caduti gli Stati Uniti
avevano causato perdite per 4,8 miliardi di dollari. Per
evitare una serie di clamorose bancarotte i rappresentanti
del settore hanno chiesto a Mineta un pacchetto di aiuti –
immediata iniezione di liquidità, riduzione delle tasse,
prestiti agevolati e protezione contro le possibili
responsabilità per i danni causati dai 4 aerei dirottati –
per un valore totale di 17,5 miliardi di dollari. Sia la
Casa Bianca che il Congresso si sono detti pronti a varare
un piano già all’inizio della settimana prossima, ma non
ad accogliere interamente queste richieste.
Una richiesta di soccorso è stata rivolta anche dagli
aeroporti americani, colpiti da un forte calo delle
entrate e da un aumento delle spese per la sicurezza.
«Chiediamo aiuti nell’ordine delle centinaia di milioni di
dollari – ha dichiarato Todd Hauptli, vice presidente
dell’Associazione americana dei dirigenti d’aeroporto –
massimo un miliardo. Non è molto rispetto a quanto chiesto
dalle compagnie aeree». Lo scalo internazionale di Los
Angeles sta perdendo 1 milione di dollari al giorno.
Quello di Washington, ancora chiuso e senza alcuna
indicazione sulla data di riapertura, 500.000 dollari al
giorno. Gli aeroporti hanno visto crollare non solo i
gettiti relativi alle partenze e agli atteraggi di aerei,
ma anche quelli dei parcheggi a pagamento e dei punti
vendita situati all’interno dei complessi. Secondo molti,
questa situazione potrebbe evolvere sino ai limiti della
bancarotta sotto il peso delle spese di personale di
sicurezza armato 24 ore al giorno.
Mineta ha costituito una task force che entro l’1 ottobre
proponga ulteriori rafforzamenti delle misure di sicurezza
per aerei e aeroporti. Questi provvedimenti avrebbero un
impatto traumatico soprattutto sugli scali regionali, i
cui ridotti giri d’affari farebbero fatica a sopportarne i
costi.
Il rischio concreto è che gli attacchi di martedì scorso
riducano sul lastrico l’intero settore dell’aviazione
commerciale americana, se lo stato non interverrà subito e
in maniera decisa.
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