Il prodotto interno lordo quest’anno si attesterà su un +0,2% grazie all’impatto sull’economia dei decreti crescita e sblocca-cantieri stimato in 0,1 punti. È quanto si legge nella bozza del Documento di economia e finanza che sarà esaminato dal Consiglio dei Ministri.
In confronto alla previsione tendenziale (+0,1%), si legge nel Def, “è soprattutto la componente degli investimenti fissi lordi a spiegare la maggiore crescita del PIL”.
Il deficit si attesterà quest’anno al 2,4% del Pil rispetto al 2,04% indicato nella legge di bilancio per poi scendere al 2,1 nel 2020, all`1,8% nel 2021 e all’1,5% nel 2022. Il saldo strutturale è previsto in peggioramento di 0,1 punti percentuali quest’anno, “ma risulterebbe in lieve miglioramento al netto della clausola per eventi eccezionali”.
Nei prossimi tre anni, il saldo strutturale migliorerebbe di 0,2 punti nel 2020 e di 0,3 all’anno nel 2021 e nel 2022, scendendo dal -1,6 per cento del PIL nel 2019 al -0,8 per cento nel 2022 “in linea con una graduale convergenza verso il pareggio strutturale” si legge ancora nella bozza.
Il debito pubblico salirà alla fine di quest’anno al 132,7% del prodotto interno lordo, rispetto al 132,1% del 2018, “pur includendo proventi da privatizzazioni pari all`uno per cento del Pil”. Per gli anni successivi il rapporto debito/Pil nello scenario tendenziale si ridurrebbe al 131,7% nel 2020 e per arrivare al 129,8% nel 2022.
“Malgrado si continuino ad ipotizzare proventi da privatizzazioni pari allo 0,3 per cento del PIL nel 2020, oltre all`uno per cento previsto per quest`anno – si legge nella bozza – la riduzione del debito in rapporto al PIL è moderata in presenza di bassa crescita nominale, rendimenti reali relativamente elevati e un surplus primario che resterebbe lievemente al di sotto del 2 per cento del PIL anche nell`anno finale della proiezione”
Tra le azioni strategiche del cronoprogramma inserito nella bozza del Def, c’è la “riduzione della pressione fiscale per sostenere la crescita” che riguarderebbe misure nel triennio 2019-2022: la flat tax, il riordino delle tax expenditures, i tagli alle accise e al “cuneo fiscale”.
“Il sentiero di riforma per i prossimi anni prevede la graduale estensione del regime d’imposta sulle persone fisiche a due aliquote del 15 e 20 per cento, a partire dai redditi più bassi, al contempo riformando le deduzioni e detrazioni”, si legge ancora nella bozza.
Per incentivare gli investimenti, le imprese potranno beneficiare di una riduzione dell’aliquota Ires applicabile agli utili non distribuiti”. Il documento prevede anche che “si lavorerà per ridurre il cuneo fiscale sul lavoro e gli adempimenti burocratici per i datori di lavoro, anche attraverso la digitalizzazione”.
Inoltre il governo “intende attuare la clausola contenuta nella Legge di Bilancio 2019, in base alla quale due miliardi di euro di spesa delle Amministrazioni centrali resteranno congelati nella seconda metà dell’anno”. L’attivazione della clausola, si legge nel Def, è stata decisa a fronte delle tendenze economiche disegnate nel documento “ed in particolare della revisione al rialzo della stima di indebitamento netto per l’anno in corso”.
“La progressiva introduzione della flat tax ridurrà il cuneo fiscale sul lavoro e sarà coperta da una riduzione delle spese fiscali, salvaguardando quelle destinate al sostegno della famiglia e delle persone con disabilità”.
Il taglio delle aliquote d`imposta, prosegue il testo, “favorirà la crescita dell`economia e, quindi, del gettito fiscale. Tuttavia, allo scopo di ridurre l`indebitamento sarà anche necessario compiere un paziente lavoro di revisione della spesa corrente dell`Amministrazione pubblica e delle agevolazioni fiscali”. E’ “essenziale” un forte calo dei rendimenti dei titoli di Stato per la “completa realizzazione del programma di politica economica del governo “Da ormai trent`anni il debito pubblico vincola le politiche economiche e sociali dell`Italia. A prescindere dalle regole di bilancio, è necessario ridurre gradualmente il rapporto debito/Pil per rafforzare la fiducia degli investitori in titoli di Stato e abbattere gli oneri per interessi. I rendimenti a cui lo Stato si indebita sono un termometro della fiducia nel Paese e nelle sue finanze pubbliche. Inoltre, essi giocano un ruolo cruciale nel determinare le condizioni di finanziamento per le banche e le aziende italiane. Una marcata discesa dei rendimenti è essenziale per la completa realizzazione del programma di politica economica del Governo”, si legge nella bozza.
TN