In un contesto ancora molto difficile a causa di una pandemia che ha lasciato profondi segni nelle nostre società e milioni di morti nel mondo, lo spettro di un nuovo, grave conflitto armato all’interno del continente europeo sta causando ancora ulteriore instabilità, disorientamento e panico a livello economico, sociale e geopolitico.
L’attuale crisi tra Russia ed Ucraina ha dimensioni globali ed e’ il prodotto di molteplici cause. Non può che essere risolta attraverso il negoziato e l’azione diplomatica, la guerra sarebbe un disastro per tutti i contendenti e di portata inimmaginabile. Ai ripetuti annunci ed allarmi di guerra imminente diffusi dall’amministrazione Biden, le diplomazie europee hanno risposto con un attivismo mai visto, forse non molto coordinato, ma necessario, incessante, facendo la spola tra le capitali europee, Mosca, Kiev, Bruxelles, sostenendo la de-escalation del conflitto e ricercando la soluzione politica.
Le notizie delle ultime ore, in questo senso, sono certamente positive. Ma se da un lato è necessario riaffermare con forza e senza esitazione un no alla guerra, ad ogni conflitto armato, come ha fatto la CGIL durante la sua conferenza di organizzazione tenutasi a Rimini dal 10 al 12 febbraio scorsi, approvando una risoluzione che condanna “con forza ogni iniziativa che possa mettere in pericolo la pace e la stabilità in Europa”, dall’altro lato si impone una riflessione più profonda sulle cause che hanno condotto fin qui, ad un passo da una guerra dentro l’Europa.
La CGIL, fra i primi sindacati in Europa, insieme a CISL e UIL, si è unita al coro di coloro che chiedono al Governo italiano, agli Stati membri e alle istituzioni dell’Unione europea di impegnarsi in un’iniziativa di neutralità attiva per ridurre la tensione e promuovere un accordo politico tra tutte le parti.
Tuttavia, occorre interrogarsi sulla debolezza dell’Unione europea in materia di difesa, di politica estera. Come pure occorre interrogarsi sul ruolo e sulla politica di allargamento ad est della NATO. Emerge con chiarezza, e con preoccupazione, la nostra vulnerabilità e disorientamento, conseguenza dell’assenza di una visione unitaria europea sugli assetti geopolitici strategici e dell’incapacità di completare l’integrazione dell’Unione anche rispetto ai temi delle politiche di vicinato e della difesa.
La CGIL, anche alla luce degli allarmanti dati rispetto alla corsa al riarmo negli ultimi anni e ai profitti dell’industria delle armi, è impegnata a ogni livello in appelli volti a rilanciare le trattative sulla riduzione degli armamenti, a partire dal trattato INF sulle forze nucleari a medio raggio.
Per tutto ciò, il nostro approccio alla crisi, l’ennesima crisi, che sta avvolgendo l’Europa nella regione orientale, dovrebbe andare in profondità, alle origini della crisi e non su ciò che appare in superficie. È tempo di prendere atto che la pace e la sicurezza vanno costruite con politiche economiche, sociali e ambientali improntate sulla cooperazione tra stati, con un approccio fondato sui diritti universali e una visione di lungo periodo che punti a consegnare un mondo migliore di quello che abbiamo ricevuto, che immagini un modello di sviluppo che rispetti l’ambiente, ancorato sul rispetto dei diritti sociali e del lavoro fondamentali e sul ripudio di ogni forma di violenza.
Salvatore Marra (coordinatore dell’Area politiche europee e internazionali della Cgil)