In una lettera rivolta a tutti i Ministeri di competenza, Aldo Amoretti, Presidente Associazione Professione in Famiglia, fa il punto sui numeri e sulle condizioni di lavoro che caratterizzano chi si occupa di assistenza agli anziani e a persone non autosufficienti.
I dati dell’Inps dicono che nel 2017 i lavoratori domestici sono 864.526 persone, donne per l’88%, e straniere nel 78,27% dei casi, per il 45,51% registrate come badanti e per il restante 55% come colf.
Il Censis stima in 876mila gli addetti al lavoro domestico completamente in nero, prevalentemente donne, irregolari in quanto a rapporti di lavoro e spesso anche relativamente al titolo di soggiorno in Italia. Siamo anche in presenza di un rilevante invecchiamento della categoria. Tra il 2008 e il 2017 i soggetti ultra 55enni sono passati da 13% a 46%.
Sulla base di tali dati, e sulla crescente domanda di lavoratori domestici, nella lettera vengono prospettate alcune soluzioni. La prima che il governo operi una regolarizzazione di chi è già in Italia, e attivi, inoltre, dei canali sicuri per far entrare nuova manodopera per evadere così l’elevata richiesta.
La secondo proposta riguarda la possibilità, per le famiglie, di detrarre spese di questo tipo. Questo indurrebbe 350-400mila famiglie a regolarizzare rapporti di lavoro sommersi, e avrebbe delle ricadute positive sia in termini di Pil che occupazionali.
In questo modo i lavoratori avrebbero la possibilità di versare anche i contributi all’Inps, se inquadrati in regolari contratti di lavoro. Da qui la terza proposta dell’associazione di tornare alla norma (Legge 286/98) che permetteva, ai soggetti interessati di tornare al Paese di origine, rinunciando definitivamente al titolo di soggiorno in Italia, ottenendo da Inps il versamento dei contributi accumulati.