“Ritengo che esistano tutte le condizioni per trovare un accordo con Stx e andare avanti nel progetto di partecipazione tra Fincantieri e Naval Group’’. Con queste parole, pronunciate in aula a Montecitorio, il ministro Carlo Calenda sembra aprire uno spiraglio verso Parigi. Il titolare del Mise, nei giorni scorsi, è stato molto deciso nel sostenere che l’Italia non avrebbe abbandonato la “linea del 51%”, posizione che peraltro ha ribadito anche oggi: “manterremo la linea della fermezza’’, ha affermato. Ma, ha aggiunto, “una cosa è difendere con fermezza l’interesse e la dignità nazionale, altra è minacciare chiusure o nazionalizzazioni e ritorsioni basate sulla nazionalità dell’investitore”.
Un “paese serio”, ha detto Calenda, “agisce attraverso le regole, che se la situazione lo richiede possono essere rafforzate, ma non discriminando sulla base della nazionalità. Un paese serio e forte non si chiude per giocare solo in difesa, tanto più quando ha la consapevolezza e l’orgoglio di essere il quinto Paese al mondo per surplus commerciale dei beni manifatturieri e comprende che il proprio futuro è indissolubilmente legato alla propria capacità di competere sui mercati internazionali e di attrarre capitale di crescita”. Calenda ha precisato che non ci saranno ‘’ritorsioni’’ specifiche verso la Francia: “al di là della non praticabilità, ricordo che l’Italia ha un saldo commerciale positivo di 11,4 mld verso la Francia”. Riferendosi a quanti sollecitano “reazioni” italiane, il ministro ha poi osservato: ‘’sono cose che oltre ad essere inattuabili sotto un profilo legale, darebbero un segnale di debolezza del paese e causerebbero gravi danni all’economia italiana”.
Tanto più considerando i nostri rapporti commerciali con il resto del mondo: “come dimostrano i dati su export e investimenti diretti esteri – ha spiegato il ministro – l’Italia prospera in una dimensione internazionale di scambi e mercati aperti: ricordo he nel 2016 abbiamo raggiunto il record di 417 miliardi di export, mentre nei primi cinque mesi del 2017 la crescita è stata dell’8%, risultato migliore rispetto alla crescita dell’export tedesco +7,2% e doppio rispetto a quello francese”. E l’anno scorso, gli investimenti diretti esteri nel nostro Paese sono cresciuti del 50%, mentre le aziende a controllo straniero in Italia danno lavoro a più di 1 milione e 200mila persone e producono un fatturato superiore a 500 miliardi di euro”.
Dunque, difendere l’interesse nazionale, certo, ma senza auto-danneggiarsi. Specie dopo il vertice di ieri con il collega dell’Economia Pier Carlo Padoan e il ministro francese Bruno Le Maire, il quale ha gettato sul piatto la creazione di un polo di eccellenza europeo, con una cooperazione franco-italiana anche sul militare, importante non solo per i due Paesi ma anche per l’Europa. Il mercato militare vale infatti circa 40 miliardi di commesse, ed è particolarmente attraente per l’Italia, come dimostra l’accordo appena annunciato con il Quatar, che ha ordinato al nostro paese sette navi militari per un valore di 5 miliardi.
Se l’accordo con la Francia non andasse a buon fine, Fincantieri potrebbe anche proseguire il suo percorso da sola, almeno per qualche anno: il portafoglio ordini garantisce il fatturato del gruppo fino al 2020/2021 per quanto riguarda il settore delle crociere e oltre il 2021 per il militare. Ma nel medio-lungo periodo il quadro cambierebbe, a danno dell’Italia. Senza i cantieri francesi, con il relativo bacino di carenaggio di grandi dimensioni, sara’ infatti difficile per il gruppo italiano mantenere la leaderhip nei colossi per crociere, che ormai si indirizzano verso le 200mila tonnellate e oltre, mentre quelle di Fincantieri non possono superare le 160 mila, proprio per i limiti dei bacini di carenaggio attualmente a disposizione. Inoltre, verrebbero a mancare le potenziali sinergie nel segmento militare.
Quanto al nuovo fronte con la Francia che si potrebbe aprire sulle Tlc, Calenda -che ha chiesto a Palazzo Chigi di compiere un passo formale per verificare la possibilita’ di ”blindare” Tim in quanto azienda strategica- ha escluso che sia una ripicca nei confronti di Vivendi ”figlia” del caso Fincantieri: “facciamo solo quello che il governo deve fare, cioè applicare le regole che esistono. Abbiamo chiesto a Palazzo Chigi di verificare se c’è l’obbligo di notifica sull’attività di direzione e coordinamento di Tim da parte di Vivendi”. Sbaglia dunque chi presenta “ragionamenti utili e legittimi sugli assetti proprietari delle reti” come “ritorsioni verso investitori stranieri”, ma devono essere valutati “puramente sotto il profilo dell’interesse generale”.
Qualora sia in gioco una azienda strategica, la normativa sul ‘’golden power’’ prevede che gli eventuali cambi di controllo debbano essere notificati alla Presidenza del consiglio entro dieci giorni o in ogni caso prima che divengano effettivi. Nel settore delle comunicazioni, l’esecutivo potrebbe mettere un veto sulle operazioni riguardanti aziende che risultassero strategiche, oppure porre particolari condizioni. Per accedere alla golden power, dall’istruttoria dovrebbe pero’ emergere un possibile “grave pregiudizio” per gli interessi pubblici legati al buon funzionamento della rete di telecomunicazione. In ogni caso, ripicca o meno, un buon strumento di pressione per convincere la Francia all’accordo sulle navi.