“L’Italia è un paese che da troppo tempo non ha più una idea di sé, non ha idea di quale sia il filo da tirare per determinare il futuro, prosegue un dibattito che non si misura mai coi risultati”. Sta in questa frase il succo della lunga analisi sullo “’stato della nazione” che Susanna Camusso traccia nelle 25 pagine della sua relazione di apertura al diciassettesimo congresso della Cgil.
Venticinque pagine dove si distribuiscono colpe e responsabilità con notevole franchezza, ma nelle quali spiccano anche proposte molto concrete, a cui dovranno rispondere sia il governo che i colleghi di Cisl e Uil.
Camusso replica innanzi tutto a Matteo Renzi sulle critiche alla concertazione, definite ingenerose: la concertazione, ricorda il segretario della Cgil, è stata molto utile al Paese per uscire da parecchie crisi, economiche e sociali; ma se oggi si decide di farne a meno, benissimo: “non abbiamo la vocazione al soggiorno nella Sala Verde di Palazzo Chigi, se la si considera inconcludente non ci manca la terra sotto i piedi”. Del resto, ricorda, da anni non si concerta più: non lo ha fatto Berlusconi, come non lo ha fatto Monti. Nulla di strano se oggi non lo fa nemmeno Renzi. Ma attenzione, che la pretesa “autosufficienza” inseguita dall’attuale governo finisce per essere antidemocratica, poiché “taglia non solo l’interlocuzione con le forme di rappresentanza, ma ne nega il ruolo di partecipazione e di sostanziamento della democrazia. Una logica di autosufficienza della politica che sta determinando una torsione democratica verso la governabilità a scapito della partecipazione”. Un’autosufficienza, tra l’altro, che un passato ha dato prove poco edificanti: vedasi la vicenda degli esodati, causata dalla sottovalutazione e dalla scarsa capacità di ascolto del governo Monti.
Per restare sul governo, Camusso conferma il giudizio negativo sul decreto Poletti, “che aumenta la precarizzazione”, e sul futuro Job Acts, “poco chiaro” nei contenuti. L’idea della Cgil è, invece, puntare proprio sulla semplificazione: “Si faccia davvero un contratto unico” che punti “alla mediazione giusta e positiva tra flessibilizzazione contrattata e certezze per i lavoratori”.
Ma al di là dei dettagli, è il quadro complessivo che viene giudicato: “Credo sia chiaro a tutti noi che lavoro povero, Piano del lavoro, pensioni, fisco ed equità a partire dalla lotta all’evasione fiscale, non sono in cima all’agenda politica attuale. Bisogna portarli al centro dell’attenzione, bisogna costruire alleanze, ma soprattutto bisogna costruire consenso, iniziativa, mobilitazione in tutti i luoghi di lavoro, in tutti i territori e non è lavoro di breve periodo”.
Camusso indica poi quattro precisi punti sui quali aprire una vera e propria vertenza da proporre anche a Cisl e Uil: pensioni, ammortizzatori sociali, il lavoro povero e il fisco.
Sulle pensioni: Proponiamo a Cisl e Uil una vera e propria vertenza che abbia al centro una prospettiva dignitosa per i giovani, i precari, un percorso che “deve comprendere anche gli esodati”.
Sugli ammortizzatori: “Serve una riforma che unifichi cassa integrazione ordinaria e straordinaria per tutti i settori e tutte le dimensioni di impresa”. Il nuovo sistema “deve includere” e “così possiamo superare la cassa in deroga. Questo non vuol dire – precisa – che non vi sia più intervento pubblico”.
Sul lavoro povero: “Una sfida che richiede anche un forte versante legislativo che affronti tre aspetti e determini un vero sistema di controlli: appalti, cooperazione, caporalato e mercato del lavoro agricolo”.
Infine, ma in realtà è proprio il punto di partenza, il fisco: Camusso ritene che l’evasione sia, oggi, tra i mali principali del paese, e propone quindi a Cisl e Uil una iniziativa forte: “c’è bisogno di una vera mobilitazione civile contro l’evasione fiscale, che ne renda espliciti tutti gli effetti negativi”. In parallelo, va ripristinato il reato di falso in bilancio, approvata una nuova legge sull’autoriciclaggio, ridotto l’uso del contante e resa più fluida la comunicazione tra le banche dati.
Per quanto riguarda le questioni più strettamente sindacali, il clou è nel capitolo contrattazione. Camusso difende la scelta di firmare il Testo Unico, e afferma: “durante la fase congressuale abbiamo indetto la consultazione degli iscritti: si è conclusa e l’esito chiude la fase di condivisione e ci propone quella delle scelte per attuarlo e per estenderlo, costruendo così le condizioni per una legge su democrazia e rappresentanza”.
Quanto alla Cgil, Camusso invita tutti a una profonda riflessione: “Siamo ancora casa comune o ci stiamo trasformando in condominio? La casa comune ha spazi liberi, decisioni comuni, decide l’assemblea, il nostro direttivo, è solidale perché insieme si mantiene la casa, la si rende più bella e più partecipata. Il condominio ha porte chiuse, l’assemblea in genere litigiosa, discute per quote di proprietà, se qualcuno decide può mettere anche la porta blindata. Questo è il male che da tempo ci attraversa – conclude il segretario Cgil – quello che non ha riparo nelle semplificazioni plebiscitarie. Lo si combatte partendo dalla nostra ricchezza, dal trovare modo di far vivere le nostre pluralità, preziose, in un’orchestra e non per solisti”.
Nessuna citazione diretta per Maurizio Landini, né per la sua proposta di scegliere il prossimo leader attraverso le primarie, ma qualche novità ci sarà sicuramente nel prossimo gruppo dirigente. Il progetto annunciato dalla relazione è infatti quello di “cambiare i criteri di composizione delle Segreterie, salvaguardando i pluralismi ma non ritenendoli esclusivi, non verticalità ma mescolanza, non eccezioni ma organizzazione di più generazioni”. E questo dovrà valere non solo per la segreteria confederale ma “per tutte le strutture”. “Non pensiamo a logiche rottamatorie”, sottolinea Camusso, ma è necessario “fare un grande sforzo a tutti i livelli, dobbiamo chiedere e chiederci alle prime file dei passi laterali, qualche seconda e terza fila che fa un passo avanti. Sperimentare, osare, non chiudersi, non dare per scontato che tutto è verticalità”. In questo ambito, “ogni struttura deve fare la sua parte. Per la segreteria confederale siamo per dire che anche noi non possiamo più essere di una sola generazione, e non pensiamo a un fiore all’occhiello per dire che ci abbiamo pensato”.
Nunzia Penelope