Una totale mancanza di attenzione verso la dimensione del lavoro del comparto agricolo, un’inversione di rotta sulla sostenibilità ambientale e la tutela delle filiere e un modello che, se non verrà corretto, non ci aiuterà nella sfida con gli altri paesi produttori. Per la Flai, il sindacato degli agricoli della Cgil, l’inizio del secondo mandato di Ursula Von der Leyen alla guida della Commissione europea non parte sotto le migliori premesse. Ne abbiamo parlato con Andrea Coinu, responsabile delle politiche internazionali della Flai.
Coinu che cosa non vi convince del discorso programmatico di Von der Leyen?
La cosa che ci ha colpito è che nel discorso della neo rieletta presidente della Commissione europea non c’è stato nessun riferimento alle lavoratrici e ai lavoratori del comparto agricolo, ma le sue parole erano sbilanciate unicamente verso la parte datoriale. Non pensiamo che ci debba necessariamente essere un conflitto tra capitale e lavoro ma, quantomeno, una considerazione alla pari.
Secondo lei c’è stato un ripensamento della neo rieletta presidente sui temi legati alla sostenibilità ambientale?
Sicuramente la fine del primo mandato di Von der Leyen ma anche l’inizio del secondo hanno visto un’inversione di tendenza sul Green Deal e il Farm to Fork, per proiettarsi e appiattirsi sulle richieste del movimento dei trattori. E questo ci preoccupa.
Su quali elementi si dovrà basare la futura politica agricola europea?
La nostra stella polare deve essere la sostenibilità, che vuol dire sostenibilità del lavoro e ambientale, e questa non può mancare nella prossima riscrittura della Pac. Se pensiamo di perseguire un modello basato sullo sfruttamento intensivo, che polarizza la ricchezza e impoverisce la terra, se non tuteliamo le filiere e i piccoli produttori dalla logica del mercato non andiamo da nessuna parte. Così come non possiamo vincere la sfida della competitività con altri paesi agricoli, molto più ricchi o in forte sviluppo, sul terreno della quantità. Il punto non è se noi, come Europa, riusciamo a produrre più soia del Brasile, del Canada o dei paesi asiatici, perché la risposta è che non possiamo, ma come la produciamo, rispettando l’ambiente, il lavoro, i diritti e scommettendo sulla qualità. Così avremo qualche chance.
Le tensioni internazionali quanto ancora potrebbero incidere?
La Von der Leyen sta avendo un atteggiamento attendista, dato dalla nomina di Kaja Kallas ad Alto rappresentante alla politica estera che è molto interventista e, di contro, dall’elezione alla presidenza del Consiglio europeo del socialista Antonio Costa più vicino a istanze pacifiste. Ma questa posizione attendista cela una propensione verso l’incremento dell’industria bellica che non ci fa stare tranquilli. Il nostro timore è che si arrivi a una nuova politica di austerità su tutti i fronti, anche per il settore primario, spingendo la spesa pubblica verso l’economia della guerra.
Tommaso Nutarelli