Ad un convegno alla Brookings Institution, mentre si trovava a Washington per le assemblee autunnali di Fmi e Banca Mondiale, il governatore della Bce Mario Draghi ha contestato le tesi di chi sosteneva che le riforme del lavoro nel quadro attuale rischiano di peggiorare la situazione nel breve periodo e di far calare la fiducia. Ma precisa: “Le riforme del mercato del lavoro devono rendere più facile per le aziende assumere giovani ma non più facile licenziarli”.
Per il presidente della banca centrale europea, comunque la riforma del mercato del lavoro “non causerà licenziamenti di massa”. Inoltre le riforme “consistono di diverse parti. Una è quella che rende più facile assumere, c’è anche una parte che rende più facile licenziare ma non molto. Non la vedo pericolosa per quanto riguarda l’Italia. Anche perché – ha detto Draghi – l’Italia è stata così lungo in recessione che le imprese che volevano licenziare lo hanno già fatto, non avevano ostacoli.”
Draghi ha sì parlato di politica monetaria, del fatto che la Bce resta pronta a fare altro, se necessario, con misure straordinarie, e che intende onorare il suo compito di garantire la stabilità del prezzi, facendo risalire l’inflazione da livelli che giudica troppo bassi. Ma poi, terminato l’intervento, incalzato dalla domanda di uno dei presenti su incentivi o i disincentivi che la politica monetaria accomodante offre ai governi per fare le riforme, Draghi non ha usato toni morbidi: “Spesso è stato giudicato, almeno in alcune parti dell’area euro, che la nostra politica monetaria ha diminuito gli incentivi ai governi ad agire. Mi sembra – ha affermato – che ora tutti questi governi abbiano un incentivo molto potente a fare la cosa giusta. E questo è che se non fanno le cose giuste spariranno per sempre dalla scena politica perché non saranno rieletti”. E avverte: “Gli elettori dovrebbero mandare a casa i governi che non sono riusciti ad agire per ridurre “a disoccupazione”.
Il presidente spiega che quando si hanno tassi di disoccupazione al 25 per cento, milioni e milioni di giovani in disoccupazione, dovrebbe essere l’incientivo “più forte a fare la cosa giusta. Quindi in un certo senso oggi sono più ottimista di quella che è la capacità di risposta, più di quanto lo fossi nel 2002 quando la situazione era meno critica”.
In merito alla flessibilità del mercato del lavoro, Draghi ricorda cosa che è successo agli inizi degli anni 2000 in diversi Paesi, “tra cui il mio”. Per aiutare ad avere più flessibilità “i nuovi contratti erano stati fatti incredibilmente flessibili”. Draghi ha citato il caso della Spagna in cui c’erano contratti a 1 mese di scadenza. “Immaginatevi persone che lavorano 4 o 5 anni con contratti da 1 mese. Questo di per sé ha prodotto enorme incertezza e depresso la domanda. E quando la crisi è esplosa questi contratti sono stati immediatamente eliminati”.
E.G.