“Nelle democrazie moderne e in un’economia globalizzata, è imprescindibile il ricorso a forme di concertazione e mediazione che devono facilitare la governabilità attraverso l’individuazione di soluzioni concrete e soprattutto lungimiranti”. Lo ha sottolineato il presidente della Camera Gianfranco Fini ricordando, in una cerimonia alla Camera, la figura di Gino Giugni in occasione della consegna del premio intitolato al giuslavorista.
“La cultura della mediazione – ha detto – è l’elemento cardine della sua teoria volta a difendere strenuamente il dialogo sociale, quale scelta eminentemente politica che riflette il legittimo pluralismo di interessi e che contribuisce in modo rilevante alla stabilità e al progresso del sistema istituzionale nel suo complesso”. “Questa attitudine all’apertura – aggiunto il presidente della Camera – spiega come Giugni fosse anche un pioniere nel diritto comparato del lavoro, dal momento che sosteneva la tesi secondo cui nessuno Stato è completamente autonomo e che compito del giurista è quello di muoversi sempre di più in un contesto transnazionale per osservare le dinamiche riformatrici di altri Paesi”. “Fu così – ha detto ancora Fini – che, in Italia, all’inizio degli anni ’80, in un momento particolarmente delicato per il diritto del lavoro, Giugni si impegnò, in prima persona, a favore di politiche di riforma in grado di raccogliere le sfide più ambiziose ed innovative. Del resto, il rallentamento dei cicli di crescita dell’economia, con la conseguente crisi di liquidità dello Stato anche a causa della diminuzione delle entrate fiscali, e l’emergente pressione dei Paesi terzi, prima demografica e poi economica, fecero comprendere a Giugni la necessità di avviare la stagione della regolamentazione del lavoro ‘flessibile’ per mantenere competitivo il sistema produttivo con il coinvolgimento responsabile delle organizzazioni sindacali”. (LF)