Gigi Bonfanti non lotta più assieme a noi. Se ne è andato via, rapito in un soffio. Ci ha lasciati attoniti perché la sua bonomia, il suo perenne buonumore, il suo sorriso aperto, leale ci avevano abituati a considerarlo senza tempo. Già quando è andato in pensione non riuscivamo a capire perché facesse questo gesto. Glielo avevamo anche detto e lui sorrideva, diceva che era invecchiato, che non si poteva stare sempre allo stesso posto. Ma non ci ha mai convinti. Adesso dobbiamo abituarci lo stesso, anche se non vogliamo, se desideriamo ben altro. Era un uomo libero, basterebbe a confermarlo quel viziaccio che aveva di non rispondere mai al cellulare. Lo chiamavi e rispondeva vuoto, lui non c’era, non era disponibile, diceva il telefonino. Non era così, lui era sempre disponibile, specie se a chiamarlo era un amico, ma aveva un rapporto molto lasco con il cellulare, gli interessava più essere libero, come è sempre stato. Il sindacato era il suo grande amore, aveva rinunciato alla professione e per un medico è difficile fare questo passo. Ma non aveva esitato, si spendeva per gli altri e fare il sindacalista rispondeva al suo senso della vita, al suo bisogno di assicurare solidarietà. Prima per i medici, poi, allargando il campo, per tutto il pubblico impiego, poi, altro giro, per tutti, da segretario confederale. Poi gli arrivò la chiamata per il sindacato dei pensionati, una bella grana, perché è l’incarico più difficile in una grande confederazione come è la Cisl, devi vedertela con persone che hanno davvero bisogno di te, che spesso sono indifese, che non hanno altro strumento per far valere i loro diritti che il sindacato, il loro sindacato. E lui, da medico, da buon samaritano, non si tirò certo indietro. E cominciò a girare l’Italia come una trottola, sempre in movimento, perché sapeva bene che i pensionati, le persone di una certa età, vogliono vedere il loro capo, lo vogliono vicino e lui non si sottraeva, ancora una volta era in prima linea, senza lamentarsi. Sempre con il suo sorriso che gli rasserenava il volto. Aveva il sorriso degli emiliani, aperto, sincero. Gli si credeva, sempre, a prescindere. Adesso dobbiamo abituarci a non averlo più tra gli interlocutori, gli amici, le persone di cui ci si può fidare, e non sarà facile. Lasciare i pensionati gli era costato, anche se non voleva mai ammetterlo. Non lo ammetteva perché non voleva sembrare prezioso, ma gli era costato perché quel mondo di anziani era diventato il suo habitat, dove si muoveva con forza e capacità. Aveva lasciato i pensionati, ma la voglia di fare non lo aveva abbandonato. Faceva progetti, anche con noi che con grande piacere gli facevamo da sponda. Poi la pandemia lo aveva bloccato, come era successo a tutti noi, ma non gli aveva tolto né il sorriso, né la voglia di inventarsi qualcosa. Adesso non lo può più fare. Ma resta nei nostri cuori e lì vivrà per sempre. Non ti dimenticheremo Gigi, uno di noi.
Massimo Mascini