Non sono bastati i discorsi strampalati, per non dire squilibrati, sul fatto che i migranti si mangiano gli animali domestici, che Porto Rico sia stata definita un’isola di spazzatura, sulla necessità di avere generali come quelli di Adolf Hitler o gli attacchi ripetuti ai diritti e alle libertà, per spingere gli americani a non votare per Donald Trump. Così come non sono servite le stelle dello sport o della musica pop per dirottare le preferenze su Kamala Harris. Della serie potete influenzare i nostri gusti musicali ma non il nostro voto. E anche su questo si potrebbe aprire una riflessione perché la corsa per diventare il 47esime inquilino della Casa Bianca si è giocata anche sui gusti musicali. Da un lato la musica country e, dall’altro, il pop appunto.
Non sappiamo che tempi saranno quelli di Donald 2.0. Sarà un pacificatore? Oppure userà la forza delle armi per accelerare la caduta di una delle parti coinvolte nei conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente? O ancora manderà definitivamente in pensione la figura dell’America come poliziotto del mondo, ruolo già peraltro in forte crisi, per trincerarsi tra i due oceani? Darà seguito alle sue parole deportando coloro che non considera americani, anche se da anni vivono negli States? Metterà i dazi su prodotti europei? Lascerà che i membri della Nato, poco propensi a finanziarla, vengano invasi da paesi ostili nel caso di un attacco? Continuerà a smantellare i fragili accordi sulla salvaguardia dell’ambiente, ingrossando la schiera di chi ci ricorda che in estate ha fatto sempre caldo e che in autunno ha sempre piovuto e quindi perché preoccuparsi? E ancora come si svilupperanno i rapporti con il mefistofelico Musk? Si offrirà a lui come un novello Faust per avere qualcosa in cambio?
Domande alle quali, al momento, anche i più acuti tra gli osservatori faticano a trovare delle risposte. La sua rozza imprevedibilità, il disprezzo per qualsiasi istituzione, il suo vedere ogni cosa con la semplicità di uno show rendono imprevedibile la presidenza. Quale sarà il sentimento che guiderà il suo secondo mandato? Vendetta mista a rivalsa per la sconfitta subita nel 2020 a opera di Biden e mai digerita? Se la democrazia americana è un termometro per capire lo stato di salute di quelle europee, il verdetto non può essere buono.
Divisioni, complotti, volontà di rivalsa hanno ormai preso il posto della concordia, della solidarietà e del rispetto. L’esercizio della ragione e l’arte del confronto sono roba da salotti elitari. Le soluzioni proposte e invocate devono essere semplici e risolutive dei problemi presenti, e non importa quante vittime la loro applicazione lasci per strada. I governanti populisti e sovranisti sventolano continuamente alle proprie truppe il volto di un nemico da attaccare, preferibilmente migrante o di una minoranza. E se le forze progressiste o di sinistra, a seconda di come si voglia chiamarle, cercano di scimmiottare le destre proseguendo la costruzione di muri e fili spinati o riducendo la questione albanese a mera contabilità, perché non si può e non si vuole affrontare il tema partendo dal riconoscimento della comune umanità, le possibilità di un miglioramento si riducono drasticamente.
Il sonno della ragione è sempre più profondo, e i timidi tentavi di destarla da questo venefico torpore non stanno avendo successo.
Tommaso Nutarelli