Quella che si apre oggi è una settimana importante per i sindacati, per almeno due motivi. Dopo le tre grandi manifestazioni di maggio, il governo, un po’ a sorpresa, ha inviato una convocazione a Cgil, Cisl e Uil invitandole a discutere, a Palazzo Chigi, di praticamente tutti i temi elencati nella piattaforma alla base delle manifestazioni: lavoro, pensioni, delega fiscale, ma anche sicurezza sul lavoro, e molto altro.
Dunque un notevole successo, per Landini, Sbarra e Bombardieri, ma anche, in qualche modo, un rischio. Perché – inutile nasconderselo – l’apertura del governo potrebbe avere come effetto collaterale quello di incrinare, se non rompere, il fronte unitario fin qui solidissimo fra le confederazioni. Non è infatti una novità che la Cgil, o quanto meno una parte di essa, sarebbe più propensa a continuare la mobilitazione fino agli eventi più estremi, come lo sciopero generale, mentre la Cisl preferirebbe la prosecuzione del dialogo con Palazzo Chigi. E qui starà al governo fare le mosse giuste: se l’incontro con Meloni e i suoi ministri si risolverà nella mera promessa di tavoli tematici futuri, o se invece ci sarà l’avvio di un confronto vero, solo questo potrà fare la differenza. Intanto, vale la pena di ricordare che al congresso della Ces, in corso in questi giorni a Berlino, Maurizio Landini ha lanciato la proposta di una mobilitazione di tutti i sindacati europei per autunno, periodo cruciale in cui, almeno in Italia, tutti i nodi delle politiche governative vengono al pettine con la legge di bilancio
Il secondo motivo per cui la prossima settimana è importante ha invece come protagonista assoluta la Cisl, che da qualche tempo sta puntando con molta decisione su un suo antico cavallo di battaglia: la partecipazione. Un tema che è nel Dna di via Po da sempre, ma adesso si fa sul serio, e forse per la prima volta da settant’anni. La confederazione di Via Po ha infatti presentato il mese scorso una sua proposta di legge, elaborata con l’aiuto di un gruppo di giuristi, e si prepara a sostenerla con una raccolta di firme che inizierà appunto il 3 giugno, e con una campagna a tappeto di sensibilizzazione tra i lavoratori. Luigi Sbarra è deciso a fare di questa legge la bandiera del suo sindacato per i prossimi mesi, ma non si tratta di una bandiera, diciamo così, esclusiva della Cisl: l’idea è di coinvolgervi anche le altre confederazioni, per arrivare a realizzare un progetto condiviso da tutti.
Nella visione della Cisl, la partecipazione va ben oltre il tema consueto dell’azionariato ai lavoratori, della partecipazione agli utili o dei rappresentanti nei consigli di amministrazione delle aziende. Nella visione della Cisl si tratterebbe anche, o forse soprattutto, di un modo per dare una risposta concreta alla crisi della democrazia che stiamo vivendo, una crisi dimostrata dalla scarsa partecipazione elettorale, dal disinteresse e il distacco sempre più forte dei cittadini dalla cosa pubblica. È un fenomeno che riguarda tutte le democrazie mature, ma che si può arginare anche coinvolgendo i cittadini in un processo partecipativo continuo a partire dal lavoro.
Una legge che introducesse la partecipazione darebbe risposta a molti dei capitoli chiave di questi tempi: la deriva dei diritti del lavoro, che sarebbero invece rafforzati attraverso l’informazione preventiva obbligatoria; la possibilità di affrontare con una cassetta degli attrezzi adeguata i grandi cambiamenti che saranno necessari nell’organizzazione del lavoro legata alle tecnologie, all’Ai; una maggiore trasparenza nell’azionariato delle grandi imprese partecipate da fondi di investimento esteri. E ancora: sarebbe una risposta anche al fenomeno delle “grandi dimissioni”, consentendo ai lavoratori di essere partecipi di un’organizzazione del lavoro che guardi maggiormente al loro benessere non solo economico; e quanto al piano economico, una partecipazione agli utili e ai risultati delle imprese sarebbe un modo concreto per incrementare le retribuzioni.
Insomma la partecipazione come panacea per ogni male del nostro secolo? È possibile. Di certo la legge, se arriverà, avrà comunque oltre sette decenni di ritardo rispetto all’epoca in cui Giulio Pastore firmò quell’articolo 46 in Costituzione: mai attuato (e non è il solo), per tantissimi motivi diversi, tra i quali la costante opposizione della Confindustria. Ma i tempi sono cambiati, e forse questi sono i tempi giusti. La Cisl ne è convinta, e su questo intende mobilitarsi in forze. Il resto si vedrà.
Nunzia Penelope