Quest’anno tormentato si avvia finalmente alla sua conclusione. Tormentato nella politica, nell’economia, nelle relazioni industriali. Un anno altalenante, con due facce. La prima metà con un governo presidiato dai sovranisti, che facevano del male all’economia e spegnevano le relazioni industriali. La seconda metà con un governo in parte differente, che ha provato a fare meglio, ma non sempre ci è riuscito.
Il bilancio è triste, siamo in recessione piena, con una forte paura che la situazione peggiori, l’occupazione, che a inizio d’anno sembrava animata da una nuova primavera, ha mostrato poi un altro viso. E’ cresciuto il numero dei lavoratori, ma sono calate le ore lavorate mentre schizzava la cassa integrazione guadagni. Il che ci riporta a una crescita dei lavori residuali, a tempo, spesso in part time involontario, comunque pagato poco. Il valore del lavoro cede ancora, con tutte le conseguenze negative che questa situazione può portare per l’equilibrio e la tenuta della nostra società.
In questa realtà le prospettive non possono che essere negative, alimentate da un pessimismo che sembra obbligato, lasciando poco spazio alla fantasia e alla speranza. Indubbiamente il confronto tra le parti sociali e la politica tende a sfilacciarsi. Il governo giallorosso ha un’attenzione maggiore verso i corpi intermedi (più per la presenza del Pd che dei 5Stelle) di quella che avesse l’esecutivo che l’ha preceduto. Ma il carattere di questa interlocuzione, quando c’è, non riesce a soddisfare, a essere all’altezza delle attese, sembra sempre incerta, aleatoria, come se la politica avesse ripreso un po’ di potere e non volesse lasciarlo.
Il confronto continuerà nei prossimi mesi, questo è indubbio, ma sarebbe illusorio attendersi sviluppi consistenti, proficui. Difficili da raggiungere considerando la così limitata coesione di questa maggioranza, che appare sempre sul punto di sfasciarsi, magari senza un vero perché, per consunzione più che per una vera crisi di merito sui tanti punti su cui manca un’intesa, un comune sentire. Questo però non deve far credere che le relazioni industriali siano destinate a perire o a languire. Certo, la realtà delle nostre aziende è molto variegata, ma resta il fatto che negli ultimi giorni mi è occorso di ascoltare due signore che occupano posti di responsabilità nella gestione del personale di altrettanti grandi imprese che tessevano lodi sul sindacato e sul dialogo tra questo e il sistema delle imprese.
Una ha detto: “Se i sindacati non ci fossero noi in azienda non riusciremmo ad andare avanti”. L’altra è stata anche più netta. “Meno male, ha affermato, che c’è il sindacato che bilancia gli interessi”. Segno di un’attenzione, ma fondata sull’esperienza, sul vissuto del day by day. “Certo, ha detto la seconda signora, gestire assieme non è facile, anzi, pesa il fatto che le aziende corrono molto, a torto o a ragione, mentre i sindacati faticano a tenere il passo. Ma coinvolgere è possibile e diventa importante”.
Certo, le grandi aziende sono diverse dalle piccole, quelle dove si fatica a trattare con il sindacato, che finisce per essere vissuto come un impiccio, se va bene un costo, se va male un ostacolo, magari da rimuovere. Ma il confronto, il dialogo, anche nelle piccole e medie imprese, può diventare la spinta che potrebbe consentirci di riprendere il sentiero delle sviluppo. Del resto, il problema vero è che nel nostro paese da 20, se non da 30 anni la produttività non cresce. Non cresce per tanti motivi, molto perché scarseggiano gli investimenti, ma anche perché la rinuncia alla contrattazione aziendale, che non è mai decollata, e che sembra si stia contraendo, ha impedito quel confronto sui nodi della produzione, sull’organizzazione del lavoro, sul regime degli orari, sullo specifico della produzione che alla fine poteva portare a una crescita della capacità produttiva e della produzione. Contrattare è proprio questo in fin dei conti, è mettere sul tavolo i problemi e, assieme, cercare una soluzione, l’accordo su un’innovazione, dando spazio alla fantasia e all’inventiva.
Non è stato così in questi anni, in azienda non si contratta, almeno non quanto sarebbe necessario, molto per pigrizia, per ignoranza, per miopia. La speranza è che tutto ciò si capisca e in qualche modo si imprima una direzione diversa alle cose. Non è facile, ma è possibile. Per questo, tutto compreso, preferiamo pensare che il bicchiere sia mezzo pieno.
Massimo Mascini