“Siamo davanti a un governo che delegittima il ruolo di una certa parte del mondo sindacale, dando voce ai tavoli a sigle ben poco rappresentative. Non deve dunque stupire che ministero del Lavoro e dell’Industria, assieme a Cnel, Inl e Inps giovedì andranno a benedire la nascita del contratto Confimi-Confsal, che non ha nessuna rappresentatività” Lo ha Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, nelle considerazioni conclusive in occasione della presentazione del IV Rapporto sulla contrattazione di secondo livello, che si è svolta a Roma presso la sede di Corso d’Italia.
Per questo, ha affermato il numero uno della Cgil, bisogna arrivare il prima possibile a una legge sulla rappresentanza e rimettere al centro e riqualificare il ruolo di tutela collettiva offerto dai contratti nazionali collettivi
La necessità di approdare a un impianto normativo che misuri la rappresentatività di sindacati e parte datoriale per Landini non è più rinviabile. “Nel 1993 – anno nel quale è stato firmato il 23 luglio l’accordo Ciampi che ha delineato l’attuale modello di contrattazione, suddiviso tra un primo e un secondo livello – 1993 i contratti nazionali erano 150, oggi quelli depositati al Cnel 993, 210 firmati da Cgil, Cisl e Uil. I numeri raccontano che non sono cresciuti solo i contratti piratai ma anche quelli firmati dalle confederazioni”.
Per Landini questa situazione ci dice che “che ci sono lavoratori dello stesso settore ai quali vengono applicati contratti diversi e quindi con diritti diversi. Questo indebolisce la rappresentanza, crea concorrenza al ribasso e frammenta anche la contro parte datoriale”.
Sul ruolo dei contratti collettivi, Landini ha spigato come l’accordo del ’93, arrivato dopo la fine della scala mobile, riconosceva “una funzione di tutela dei contratti collettivi nei confronti dei salari dagli effetti dell’inflazione, anche attraverso la redistribuzione della produttività. È questa la dimensione di protezione universale, di unità del mondo del lavoro, che il contratto collettivo offre, e che il governo dovrebbe incentivare attraverso la defiscalizzazione degli aumenti previsti dai rinnovi. La forza della contrattazione, anche quella di secondo livello, passa dunque dal grado di rappresentatività di un sindacato, dalla sua capacità di creare consenso e dunque dalla nostra capacità di essere autonomi quando presentiamo le piattaforme e indiciamo delle mobilitazioni”.
“Oggi – afferma Landini – c’è, invece, la volontà di depotenziare la funzioni dei contratti collettivi. Il disegno dell’autonomia differenziata va proprio in questa direzione: ritornare ai contratti regionali o addirittura provinciali, come le gabbie salariali degli anni ’60. Il governo – incalza ancora Landini – non accetta l’idea che il sindacato posso esprime una visione complessiva, un nuovo modello di società, e che non si racchiuda solo nella dimensione aziendale. Quando hai un quadro legislativo che nette in discussione la tua esistenza e la tua possibilità di fare contrattazione bisogna cambiarlo, per questo ci stiamo muovendo con i referendum”.
E sui contratti ancora da rinnovare, molti dei quali nel settore pubblico, il numero uno della Cgil preannuncia un autunno di mobilitazione se il governo non metterà sul tavolo più risorse.
Tommaso Nutarelli