Un mese fa la Professoressa Lauralba Bellardi ci ha lasciato, e più passano i giorni più emerge il vuoto sul piano scientifico e sul piano umano.
Lauralba era una degli ultimi esponenti di una generazione di studiosi di relazioni industriali che non è per niente facile rinnovare con la stessa qualità scientifica. Era inquadrata come professoressa di Diritto del Lavoro, ma rivendicava con orgoglio il suo specifico profilo di professoressa di Relazioni Industriali. Infatti, si laureò in Scienze Politiche con Gino Giugni con una tesi di laurea in Relazioni Industriali, materia che il Maestro introdusse per la prima volta nei piani di studio di Scienze Politiche a Bari. Lauralba ha tenacemente e orgogliosamente coltivato e difeso questo profilo intellettuale; dopo aver insegnato a Roma, tornò a Bari ad insegnare Diritto del Lavoro alla facoltà di Economia; ma quando nel 2003, grazie a Umberto Carabelli, passò a Scienze Politiche, lei espresse la soddisfazione di essere “tornata a casa”. E qui volle tenacemente (e fortunatamente ottenne) l’insegnamento sia di Relazioni Industriali sia di Contrattazione Collettiva, in aggiunta all’insegnamento di Diritto del Lavoro. Non era un vezzo, ma una scelta precisa: negli studi di Scienze Politiche si poteva comprendere – forse anche meglio – che la contrattazione collettiva è un segmento tecnico-istituzionale essenziale per studiare il Diritto del Lavoro ma anche quel sottosistema sociale che sono le Relazioni Industriali.
Nelle sue lezioni di Relazioni Industriali veniva fuori la sua lunga, discreta ma importante carriera di studiosa impegnata “sul campo” fu consulente dell’Ufficio legislativo del Ministro del lavoro (1988-1989), poi componente del gruppo di lavoro per la revisione del Protocollo del 23 luglio 1993 (1998) e, attualmente, componente della Commissione di garanzia sulla attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali.
Lauralba aveva una conoscenza del sistema italiano di relazioni industriali come pochissimi, dicevo; un prezioso circolo intellettuale riunito nell’Associazione Italiana di Studi sulle Relazioni Industriali, di cui Lei è stata Presidente. Un’Associazione caratterizzata da quella interdisciplinarietà di studi e approcci scientifici che Lei ha sempre rispettato e – per quanto possibile – coltivato. Ascoltare le sue lezioni, le sue relazioni ai convegni, leggere i suoi saggi, permetteva di cogliere la sua peculiarità intellettuale: conoscenza analitica e rigorosa dei dispositivi normativi delle relazioni industriali (la rappresentanza, la contrattazione collettiva, il conflitto) nella consapevolezza le Relazioni Industriali non si risolvono tutte e solo in una norma di legge né in un mero diagramma econometrico.
Questa versatilità scientifica è stata davvero il tratto caratterizzante del profilo intellettuale di Lauralba, certamente caratterizzante fra i professori italiani di Diritto del Lavoro. Non a caso, dopo la sua investitura nella co-direzione della rivista fondata dal Maestro Giugni, il Giornale di Diritto del Lavoro e di Relazioni Industriali, Lei ha fatto si che vi fosse ancor più spazio per la trattazione dei temi del conflitto, della rappresentanza sindacale o – opera meritoria – del problema della rappresentanza datoriale fino ad allora piuttosto trascurato -; senza contare la sua conoscenza scientifica dei modelli di concertazione o dei sistemi della bilateralità.
Ma la morte di Lauralba provoca anche un vuoto sul piano dei rapporti personali che si creano nelle comunità scientifiche. La sua serietà e abnegazione erano pari alla signorilità dei rapporti che Lei intrattenevo con ogni persona: che si trattasse dei diversi Presidenti della Repubblica che l’hanno ricevuta oppure degli studenti dei sui corsi universitari. A tutti si dedicava con attenzione e rispetto. Potevano trovarla sempre lì, nel suo studio al quinto piano del Dipartimento di Scienze Politiche, ogni giorno, con la sola eccezione dei giorni impegnata per convegni o per i lavori della Commissione di Garanzia. Aveva trasferito in Dipartimento la sua biblioteca personale perché ogni mattina voleva occupare il suo studio per studiare, scrivere, confrontarsi coi colleghi, ricevere gli studenti. L’ha fatto fino a quando le forze le hanno permesso di farlo; fino all’ultimo ha ostinatamente voluto mantenere tutti gli impegni scientifici, accademici e istituzionali perché Lauralba era una Professoressa universitaria; mestiere che ha svolto con dignità e rigore.
Per questa ragione c’è un vuoto; per questa ragione resta il suo esempio.
Vincenzo Bavaro