A Roma il rischio di desertificazione delle sale cinematografiche diventa sempre più concreto. Le prolungate chiusure durante la pandemia combinate con la crisi del settore dovute anche all’avvento delle piattaforma VOD hanno messo in luce una situazione che in realtà si protrae da anni e la situazione rischia di peggiorare per via di una proposta di legge sulla semplificazione urbanistica della Regione Lazio presentata dall’assessore leghista Pasquale Cicciarelli. Il provvedimento “Semplificazioni e misure incentivanti il governo del territorio” prevede che per “le sale cinematografiche e i centri polifunzionali chiusi o dismessi alla data del 31 dicembre 2023 sono consentiti, in modalità diretta e dopo il decimo anno (e non più 15, ndr) dalla data di chiusura o dismissione, interventi di ristrutturazione edilizia o di demolizione e ricostruzione, senza incremento della superficie lorda esistente, per l’introduzione di cambi di destinazione d’uso finalizzati alla completa riconversione funzionale, verso le destinazioni consentite dalle norme dello strumento urbanistico comunale”. La precedente legge Regionale risalente al 2017, invece, prevedeva che all’interno di questi spazi potesse essere dedicato ad attività commerciali solo il 30% della superficie. Saltano quindi i vincoli e gli attuali 44 cinema dismessi di Roma potrebbero presto diventare centri commerciali, negozi, supermercati, parcheggi, andando a impoverire ulteriormente il tessuto culturale della città. La bozza è già stata approvata nelle commissioni regionali Urbanistica, Cultura e Bilancio e dovrebbe approdare in aula entro la fine del mese di febbraio.
Non si è fatta attendere la reazione del mondo dello spettacolo, che si è mobilitato con un appello urgente per la tutela delle sale cinematografiche italiane. “Noi, operatori del settore cinematografico e culturale, esprimiamo la nostra ferma opposizione all’acquisizione indiscriminata delle sale cinematografiche da parte di gruppi internazionali il cui unico obiettivo è la riconversione di questi spazi in strutture commerciali, cancellando di fatto il loro valore storico e culturale.
Le sale cinematografiche non sono semplici immobili, ma presidi culturali fondamentali per la nostra identità e per la diffusione dell’arte cinematografica. La loro chiusura o trasformazione in centri commerciali rappresenta una perdita irreparabile per il patrimonio culturale italiano e per il pubblico, che rischia di essere privato di luoghi di aggregazione e di fruizione del cinema nella sua forma più autentica”. La proposta del mondo dello spettacolo è quella di intervenire personalmente “per riacquistare e riqualificare le sale cinematografiche, restituendole alla loro funzione originaria e promuovendo una rinnovata partecipazione del pubblico” e chiedono “con forza” alle istituzione di porre un freno a quello che definiscono uno “sciacallaggio immobiliare” per adottare politiche di salvaguardia del patrimonio cinematografico.
Anche il sindacato si unisce alla protesta. Così, in una nota, la Cgil e la Slc Cgil di Roma e del Lazio. “Esprimiamo profonda preoccupazione per le ricadute negative che la PL 171 potrebbe avere su alcune sale cinematografiche storiche, sulle quali, a nostro avviso, andrebbero fatti degli investimenti di rilancio e prospettiva culturale. Noi vogliamo interpretare il sentimento di cittadini e cittadine, lavoratori e lavoratrici del cinema di Roma e del Lazio per i quali le sale cinematografiche rappresentano, in molti contesti territoriali, soprattutto periferici, il solo presidio culturale, la sola occasione per fruire dei contenuti della Settima Arte ed avere occasioni concrete di socialità. Riteniamo che la discussione vada quindi resa più ampia e partecipata attraverso il coinvolgimento, nel dibattito legato alla proposta di legge, della Commissione Cultura, delle parti sociali e delle molteplici associazioni, produttori ed esercenti che nel Cinema operano e producono importanti progetti culturali. Siamo disponibili ad avviare un dibattito concreto con tutti gli attori coinvolti e a dare il nostro contributo affinche’ il cinema nelle sale venga difeso e rilanciato e in questo modo diventi anche occasione di sviluppo e crescita professionale per i tanti giovani autori che nel cinema vedono il proprio avvenire professionale – conclude la nota-“.
Puntuale l’intervento della segretaria nazionale della Slc-Cgil per la Produzione Culturale, Sabina Di Marco. “Perdere cinema e teatri sul territorio, come sta avvenendo e come giustamente denunciano artisti, attori e registi, rappresenta un grave danno per la cultura del nostro Paese e per la socialità delle comunità locali. Non è accettabile lasciare in abbandono sale cinematografiche o teatri, non per dieci anni, non per sette, ma neanche per uno, due o tre. Ogni giorno di chiusura rappresenta una perdita incolmabile”.
Nel 2023, segnala ancora Di Marco, il settore cinematografico ha registrato un esodo straordinario di lavoratori dagli esercizi cinematografici, a causa della crescente precarietà, dei bassi salari e della mancanza di riconoscimento professionale. Motivo per cui il sindacato non ha siglato il rinnovo del CCNL degli esercizi cinematografici. “La Slc Cgil ha scelto di non firmare, auspicando invece un avvicinamento tra le parti per siglare un’intesa che non precarizzi ulteriormente le lavoratrici i lavoratori e non li renda sempre più ricattabili. Il tutto mentre il settore beneficia di investimenti pubblici significativi, senza garantirne il rilancio”.
Nel dettaglio, spiega la segretaria, l’intesa prevede che non ci siano causali e nessun tetto per i contratti a tempo determinato nelle aziende con meno di cinque dipendenti, l’introduzione del lavoro a chiamata, sia a tempo determinato che indeterminato, senza limiti di età, che potrebbe sommato al tempo determinato arrivare a coprire fino al 100% degli addetti nelle piccole realtà e il 50% nelle grandi catene. Inoltre parte degli aumenti salariali sono vincolati a strumenti welfare, previdenza e sanità integrativa, questi ultimi difficilmente accessibili per i lavoratori a tempo determinato. “La svalorizzazione del lavoro è paragonabile solo alla crescente povertà culturale che sta colpendo le nostre città e i nostri quartieri, non solo quelli periferici.”
Il presidente della Regione Lazio, Francesco Rocca, si difende dalle accuse e apre al dialogo.”Noi siamo disponibili a ragionare e trovare delle soluzioni che possano fare in modo che non scompaiano le sale cinematografiche, nessuno lo vuole, però bisogna avere buonsenso tutti quanti e trovare soluzioni”. È stato infatti convocato un tavolo con l’Anica, l’associazione degli esercenti, i produttori e i presidenti delle commissioni regionali Urbanistica e Cultura per “trovare una soluzione condivisa che metta fine alla parola degrado una volta per tutte. Però guai a strumentalizzare”. Il riferimento è al presidio organizzato da Enzo Foschi, Segretario Pd Roma, davanti al cinema Barberini lo scorso 1 febbraio: “Abbiamo scelto di stare fuori al Barberini perché è un esempio di cinema virtuoso. Un cinema che ha riaperto due anni fa e che dimostra, insieme a tanti altri esempi, che fare cinema e impresa è possibile. L’appello di personalità dello spettacolo e di imprenditori culturali deve trovare una positiva risposta nelle istituzioni. Faremo di tutto anche nelle sedi istituzionali perché operazioni puramente speculative non passino. La cultura e i cinema sono presidi culturali, non un fast food”. Da cui la replica di Rocca: “Il Pd con Foschi ha fatto questa ennesima carnevalata, si facesse un esame di coscienza, guardasse come anche Franceschini ha risposto durante il Covid per l’utilizzo delle sale, al ristorante si può andare liberamente e le sale cinematografiche le hanno penalizzate”.
Come sempre, la guerra di accuse si apre senza sconti: “Sono tanti gli errori che la sinistra ha fatto. Vive soltanto di ideologia, spiace dirlo, ma è così, almeno a tempo basta con le ideologie che portano soltanto patologia all’interno della nostra società, troviamo soluzioni concrete che facciano bene a chi crede nel cinema, a chi crede comunque nel fare impresa e buona impresa”. E infine ha aggiunto: “Quando partirà questo tavolo? In settimana, in settimana, non vogliamo perdere tempo, ne voglio dare spazio a questi cialtroni che fanno speculazione su queste problematiche”.
Elettra Raffaela Melucci