“Non ci sono morti di serie A e morti di serie B. È un impegno faticoso, ma è questo che il sindacato deve fare”. È chiara la linea della Uil Veneto nelle parole del segretario generale, Roberto Toigo. Un’emergenza sempre più pressante quella degli infortuni e dei decessi, che per Toigo richiede un profondo cambio di cultura. Il sindacalista si dice anche preoccupato della mancanza di una politica industriale e di come la regione dovrà affrontare il calo demografico e la carenza di manodopera giovane altamente formata. E sulla partita per le regionali che si aprirà tra due anni afferma: “Zaia buonissimo amministratore. Tra lui e Salvini c’è un abisso. Se l’opposizione vuole prendersi la regione deve sbrigarsi nel trovare un candidato all’altezza”.
Segretario Toigo la sicurezza sul lavoro e gli incidenti sono, in questi giorni, al centro del confronto tra governo e parti sociali e molto presenti sulla stampa. La Uil Veneto ha condotto uno studio sul tema. Che cosa è emerso?
Prima mi faccia dire una cosa.
Certamente.
Ci sono degli incidenti e delle morti che per la loro durezza e assurdità smuovono gli animi e occupano le prime pagine dei giornali. Ma nel momento in cui si scrive di quei morti contemporaneamente ce ne sono tanti altri. Per il sindacato non ci sono decessi di seria A e di serie B. È un lavoro e un impegno faticoso, ma è questo che il sindacato deve fare.
Venendo allo studio, con quale metodologia è stato condotto e che risultati ha prodotto?
Lo studio, basato sui dati Istat e Inail dal 2021 al 2023, analizza non solo i numeri assoluti degli incidenti, delle malattie professionali e delle morti, ma li rapporta anche alle ore lavorate, facendo poi una comparazione con l’Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte e Friulia Venezia Giulia. Questa diversa metodologia ci ha permesso di vedere che in relazione alle ore lavorate c’è stato un calo degli infortuni di quasi il 9% rispetto al poco meno del 3% nazionale, e che il Veneto segna l’andamento migliore in rapporto alle regioni presenti nello studio. Sulle malattie professionali i dati sono buoni se comparate alle ore lavorate rispetto a quelli assoluti. Riguardo ai decessi, benché il conteggio sia drammaticamente ancora troppo alto, i numeri assoluti fanno registrare un calo: 119 nel 2021, 127 nel 2022 e 101 nel 2023. Un meno 15%, purtroppo ancora troppo distante dal – 27% italiano. Mentre rispetto alle ore lavorate il calo è più marcato -20,84%. Con riferimento alle altre regioni, la diminuzione delle morti in Veneto è più significativa.
E cosa ne avete dedotto?
Che ovviamente dobbiamo e possiamo fare meglio, ma le azioni introdotte dal sindacato stanno portando dei risultati. In Veneto c’è l’EBAV, l’ente bilaterale, e al suo interno il COBIS, il Comitato Paritetico Regionale per la Sicurezza. Quindi gli strumenti ci sono, e molte misure che la ministra Calderone sta annunciando da noi sono già a buon punto. Serve una cultura della prevenzione e della vita, a partire dalle scuole, perché nell’era dell’intelligenza artificiale si muore ancora cadendo dall’alto perché non si è legati. La normativa che abbiamo, una delle migliori, deve però essere applicata. I controlli vanno intensificati, così come vanno inasprite le sanzioni per le cattive imprese.
Quali sono le prospettive per il lavoro e il welfare in Veneto?
Il territorio sta vivendo una fase di incertezza. Manca una visione per il futuro e un’idea chiara di politica industriale. Il mondo del lavoro si sta confrontando sugli effetti che porterà l’intelligenza artificiale, e il mio timore non è che ci sarà un saldo negativo tra i posti di lavoro persi e quelli che si trasformeranno, ma che avremo aziende affamate di ventenni o trentenni altamente formati, mentre ci saranno, perlopiù, cinquantenni in cerca di un’occupazione, poco formati e difficilmente formabili, anche perché non c’è ancora la giusta formazione per affrontare la rivoluzione in atto, a partire dalle scuole. Il calo demografico si sta facendo sentire. Manca il ricambio generazionale non solo tra i lavoratori ma anche nelle famiglie dell’industria. Soprattutto nelle piccole imprese, l’80% del tessuto produttivo veneto, dopo l’attuale generazione di manager forse non ce ne sarà un’altra. Da registrare anche le difficoltà dell’automotive, che qui impiega 10mila addetti, per tutte le incertezze legate all’auto elettrica, che allontanano possibili investimenti, senza dimenticare l’instabilità geopolitica e la crisi dell’economia tedesca, per la quale noi siamo i primi fornitori di componentistica. Sul lato welfare la sanità veneta ancora regge, anche se si fanno sentire i primi scricchiolii. Ci sono molti investimenti in infrastrutture grazie al Pnrr, manca, semmai, il personale medico e sanitario.
Sull’autonomia differenziata si è mossa la regione, chiedendo che nove materie diventino di sua competenza. Qual è la vostra posizione?
In Veneto il tema dell’autonomia viene da lontano. Non dimentichiamoci che è stato fatto anche un referendum. L’autonomia alla quale hanno sempre guardato i veneti riguarda il federalismo fiscale, che non ha nulla a che fare con quella attuale. Sono convinto che i veneti, e non parlo solo per i nostri iscritti, non hanno nessun interesse ad accrescere le diseguaglianze. Sulla legge di Calderoli la Uil raccoglierà le firme per un referendum abrogativo, e il Veneto seguirà la linea nazionale. Ovviamente se la regione vorrà aprire un tavolo sul tema non verremo meno al confronto.
Rimanendo sempre in area leghista, ci sono stati non pochi movimenti nel partito che guida la regione, e tra due anni finirà anche il mandato di Zaia. Che posizione ha la Uil in merito?
Zaia leghista faccio fatica a dirlo. Tra lui e Salvini c’è un abisso. Zaia è più un democristiano. È un buonissimo amministratore, sempre tra la gente, che cerca di interpretare nel miglior modo possibile il territorio. È ormai chiaro che non ci sarà per un terzo mandato e se l’opposizione vuole prendere in mano la regione non può svegliarsi due settimane prima del voto per trovare un candidato all’altezza. Le europee hanno decretato una posizione residuale della Lega e uno spostamento verso Fratelli d’Italia, anche se nelle comunali i nomi proposti dal Carroccio hanno vinto. Quello che la Uil vuole, al di là delle convinzioni personali, è un interlocutore con il quale avere un confronto serio.
Tommaso Nutarelli