Rinnovare in tempi rapidi il contratto nazionale di lavoro degli autoferrotranvieri, scaduto a dicembre 2023 e che riguarda oltre 100mila lavoratrici e lavoratori . Lo chiedono i sindacati di settore Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uilt-Uil, Faisa Cisal e Ugl Fna che oggi hanno indetto una conferenza stampa per spiegare le ragioni del comparto, confermando lo sciopero di 24 ore del Trasporto pubblico locale per l’8 novembre prossimo, senza fasce di garanzia, con una manifestazione nazionale a Roma.
“Il contratto – spiegano i sindacati – è lo strumento per migliorare le tutele del lavoro alla luce dei cambiamenti tecnologici e organizzativi, che hanno investito il settore per rispondere alle sempre maggiori esigenze di conciliazione dei tempi di vita e lavoro, per adeguare le retribuzioni, nonché per contribuire allo sviluppo di un trasporto di persone che abbia come orizzonte strategico il potenziamento di servizi di mobilità sostenibile e per offrire al sistema Paese una mobilità per il trasporto persone di qualità, in linea con l`obiettivo di riduzione delle emissioni nocive, contribuendo all`utilizzo di mezzi di trasporto non inquinanti in una prospettiva di sostenibilità ambientale, sociale ed economica”.
“Rimane quanto mai necessario superare gli elementi,che hanno generato l`interruzione del confronto e accelerare il processo di rinnovo contrattuale per assicurare regole certe, in un quadro legislativo di riferimento confuso, al fine di garantire sicurezza, sostenibilità, efficienza dei servizi in un mercato di concorrenza regolata”. Per questo i sindacati chiedono il “coinvolgimento necessario e indispensabile di Governo e Istituzioni per l`individuazione delle Risorse”.
Ma se a fare notizia è soprattutto l’assenza di fasce di garanzia, che metterà a rischio gli spostamenti dell’utenza tpl creando disagi, i sindacati chiariscono che la scelta è sintomatica di una situazione arrivata al limite. Secondo quanto previsto dalla normativa vigente, infatti, nel corso della vertenza contrattuale è possibile ricorrere una sola volta allo strumento dello sciopero senza fasce di garanzia con manifestazione nazionale. “Questo rende l’idea della complessità delle trattative”, ha spiegato il segretario generale della Filt-Cgil, Stefano Malorgio, precisando tuttavia che non significa verrà cancellato totalmente il trasporto pubblico “perché si posso fare servizi minimi in accordo con azienda. Questa vertenza è ormai per il salvataggio del trasporto pubblico locale. O c’è una decisione forte di investimento da parte della politica oppure rischiamo la desertificazione del settore”.
Con una lettera aperta rivolta proprio all’utenza, Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uilt-Uil, Faisa Cisal e Ugl Fna si dimostrano consapevoli dei disagi arrecati, gli stessi che lavoratori e cittadini sono costretti a subire tutti i giorni e che si protraggono da ormai troppi anni. Tra cui: mancanza di risorse e di programmazione , disinteresse delle istituzioni, progressivo abbandono dei lavoratori con conseguente carenza di personale che riducono il servizio programmato, impossibilità di garantire l’incolumità fisica sui mezzi che allontana utenti e dipendenti dal servizio pubblico, inflazione che riduce i salari e aumenta i costi del servizio.
Lo sciopero è stato quindi proclamato “per ottenere migliori condizioni di lavoro e per promuovere una profonda riforma del settore, che possa garantire un servizio pubblico di qualità da offrire alla cittadinanza. Quando ciò viene reso impossibile non dalle nostre rivendicazioni, ma dal disinteresse delle Istituzioni e dall’inadeguatezza delle controparti, lo sciopero rimane l’unico strumento legittimo per far sentire la nostra voce”.
Governi e associazioni datoriali che rappresentano le imprese vengono indicati come i veri responsabili degli scioperi che ormai si susseguono a distanza sempre più ravvicinata: “Dal 2010 – spiegano ancora i sindacati – il sistema di finanziamento del settore, erogato attraverso il Fondo Nazionale del Trasporto Pubblico Locale, ha subito ingenti tagli oltre ai mancati adeguamenti al tasso di inflazione. Per parte loro, le Regioni, se non con rare eccezioni, non hanno finanziato i trasporti pubblici, né sono intervenute con mirate politiche di settore”.
Una situazione che ormai ha raggiunto un punto di non ritorno: “Abbiamo assistito alla riduzione dei servizi e al decremento del potere d’acquisto dei salari, al peggioramento delle condizioni lavorative e all’aumento esponenziale delle aggressioni al personale front – line: per questi motivi la contrazione di personale operativo è in continuo peggioramento, producendo una carenza tra il 10% ed il 15% del personale necessario. Si stima che manchino più di 10.000 autisti per garantire non solo il servizio programmato, ma anche quello minimo essenziale”.
Davanti a tutto ciò “le associazioni datoriali hanno dimostrato di essere incapaci di progettare e investire nel futuro del settore e le imprese di produrre piani industriali di prospettiva, persistendo nella miope finalità di richiedere aumenti di produttività, flessibilità normative e diminuzione di costi, che comporterebbero solo un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro”.
“La nostra è una legittima vertenza che si compone di proposte di buon senso, in linea con le esigenze del mondo del lavoro e della cittadinanza – concludono Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uilt-Uil, Faisa Cisal e Ugl Fna -. Pertanto, la politica, le Istituzioni, il Governo e le controparti datoriali facciano seriamente la loro parte per il rinnovo contrattuale e per avviare una riforma complessiva di tutto il settore”.
Redazione