Con le festività di Pasqua ormai alle porte, si torna a parlare di regolamentazione delle aperture domenicali e chiusura dei festivi. A sollecitare il dibattito è la Filcams Cgil: “Mentre nel mondo si discute di settimana corta e si comincia a sperimentare la formula dei quattro giorni lavorativi ci sono settori professionali, come quello del commercio, dove si lotta ancora per trascorrere in famiglia le cosiddette feste comandate. La libertà di vendere in qualsiasi giorno dell’anno si traduce in obbligo al lavoro: il diritto delle aziende di vendere, e della clientela di acquistare, anche nei giorni di festa, oscura il diritto di lavoratrici e lavoratori di conciliare dignitosamente i tempi di vita e lavoro, senza che i secondi divorino i primi”, denuncia il sindacato che bolla il lavoro nei giorni festivi come “uno sconfinamento nel privato che procede ostinatamente nella direzione opposta a quella che condurrebbe ad aumentare il benessere dei lavoratori e ridurre i livelli di stress. Quella che si vorrebbe presentare come una condotta liberalmente moderna appare piuttosto una forma obsoleta di sfruttamento del lavoro”.
Pertanto la Filcams Cgil ribadisce la necessità di una regolamentazione delle aperture domenicali e chiusura dei festivi e “chiede al Governo di fare un passo indietro sulle liberalizzazioni di orari e aperture, alle aziende di rispettare i diritti di lavoratrici e lavoratori e alla clientela di dare un valore diverso alle giornate di festa, che non sia la celebrazione del consumo”.
Il sindacato, poi, informa che in occasione delle festività pasquali 2023 si registrano iniziative di protesta nei territori: in Toscana è stato proclamato uno sciopero per le giornate del 9 e 10 aprile, nelle quali lavoratrici e lavoratori del commercio si asterranno dal lavoro; stesso programma nel Lazio, dove lo sciopero è esteso al 25 aprile e al Primo Maggio; analoga protesta in Calabria, con astensione dal lavoro a Pasqua, Pasquetta, 25 aprile, Primo Maggio e 2 giugno, perché siano i lavoratori a decidere come e dove trascorrere le festività.
Ancora una volta, dunque, “La festa non si vende”. “Ma non si tratta soltanto del piccolo fronte aperto, con perseveranza, da un’organizzazione sindacale: è una battaglia culturale, molto più ampia, che interessa tutta la società”, conclude la Filcams.
e.m.