• Today is: venerdì, Settembre 29, 2023

Oltre la riforma fiscale

Luigi Marelli
Dicembre01/ 2021

Dopo l’incontro con il Governo, i Sindacati si sono dichiarati insoddisfatti della proposta di riforma fiscale che verrà sottoposta all’esame del parlamento.

Le ragioni della loro insoddisfazione, oltre che di metodo (non essere stati consultati preventivamente) sono sul merito: aver utilizzato per la riduzione delle aliquote solo 7 MLD di euro su 8 Mld disponibili e aver concentrato queste risorse sulla riduzione del prelievo fiscale per la fascia di reddito compresa tra i 28.000 e 50.000 euro lordi annui.

Insomma, secondo i sindacati, si sarebbe preferito tutelare la fascia di reddito medio, sia delle pensioni sia del lavoro dipendente (ma anche dei lavoratori autonomi) piuttosto che i redditi più bassi.

L’affermazione non è esattamente fondata. I redditi più bassi, quelli sotto i 15.000 euro lordi annui, mantengono un’aliquota del 23% com’era in precedenza, ma quelli tra i 15.000 e 28.000 euro lordi annui hanno una riduzione dell’aliquota fiscale dall’attuale 27% al 25%, mentre quelli compresi tra 28.000 e 50.000 euro hanno una riduzione dell’aliquota marginale dal 38% al 35%.

Quindi la fascia di reddito appena sopra i 15.000 euro ha una riduzione di 2 punti percentuali e quella sopra i 28.000, fino a 50.000 euro, una riduzione di 3 punti percentuali.

Ovviamente questa seconda fascia di reddito beneficia anche della riduzione della prima e, la sua aliquota media scende ulteriormente.

Tuttavia la distanza tra le due fasce si riduce di un solo punto percentuale, ossia tra un lavoratore e pensionato che percepiva 15.000 euro lordi annui e uno che ne percepiva 28.000 euro, prima c’era una distanza di aliquota pari a 11 punti percentuali ed ora la distanza sarà di 10 punti percentuali. A me sembra che Robin-Hood al “contrario” sia davvero una infelice iperbole dialettica per rappresentare cosa è successo. O meglio cosa potrebbe succedere se la riforma fosse approvata così dal parlamento.

Ma c’è un grave ulteriore errore di prospettiva che, a mio parere, si compie giudicando questa ipotesi di riforma fiscale. Basta prendere le tabelle dei minimi contrattuali per verificare quali professionalità si concentrino in quale fascia di reddito, per vedere gli impatti della riforma sui minimi contrattuali (e mi limito ad analizzare solo i minimi contrattuali).

Il contratto dei metalmeccanici prevedeva, ad esempio nel 2020, al 3 livello dell’inquadramento (nella nuova declaratoria “campo professionale D-livello operativo”) una retribuzione lorda mensile di euro 1628,69 (fonte elaborazione FIOM-CGIL), che moltiplicata per 13 mensilità comporta una retribuzione lorda annua di 21.172 euro lordi. Ora mi si perdoni l’approssimazione (ovviamente non è questa la retribuzione imponibile soggetta a prelievo fiscale IRPEF visto che essa sarà sempre più bassa per effetto delle deduzioni) ma, anche volendo solo considerare queste cifre grossolane, Il lavoratore o la lavoratrice, che prima subiva un prelievo, eccedente la quota di 15000 euro del 27% ora ne subirà uno del 25%.

In questa fascia professionale ci sono la maggior parte di quelli che una volta venivano chiamati “operai comuni”.

Vediamo la fascia immediatamente superiore, che una volta comprendeva gli “operai qualificati”. Secondo la tabella dei minimi contrattuali in questa fascia, il dipendente percepisce 1699,07 euro lordi mensili, che moltiplicati per 13 mensilità determinano un reddito lordo annuo di 22.087 euro, essendo questo reddito compreso nella fascia tra 15.000 e 28.000 euro lordi annui, potremo dire che gode in percentuale della stessa riduzione dell’aliquota prima descritta.

Volendo proseguire, proviamo ad ipotizzare che dopo il vecchio 3° e 4° livello professionale, nel 5° livello professionale, si concentrino la maggior parte degli “operai specializzati”, volutamente non parlo degli impiegati che, in maggior parte, si distribuiscono da questo livello in poi.

Ebbene questo livello ha un minimo contrattuale di 1819 euro mensili che comportano un reddito annuo pari a 23.647, anch’esso assoggettabile all’aliquota marginale del 25% invece che del 27%.

Se vogliamo considerare i redditi dei così detti “quadri aziendali”, che per comodità di analisi considereremo inquadrati nel 6° e 7° livello avremmo una retribuzione lorda annua (sempre considerando solo i minimi tabellari) pari, rispettivamente a 27.196 e… finalmente a 30.368 euro lordi annui che beneficerà di una aliquota marginale del 35% invece che del 38%.

Sarebbero questi i “ricconi” che sono stati premiati invece delle fasce di minor reddito? Gli stessi che beneficiano di una riduzione di aliquota marginale di tre punti percentuali invece che di due? Gli stessi che mantengono una distanza di 10 punti percentuali di prelievo fiscale dalla fascia di reddito immediatamente precedente??

Francamente mi pare un tantino esagerato. Anche perché se è vero che tessili e i lavoratori del commercio hanno delle retribuzioni “contrattuali” mediamente più basse di quelle dei metalmeccanici, ci sono categorie, come i chimici, per le quali, quelle retribuzioni, sono mediamente più alte.

Se dovessimo prendere un contratto di riferimento, quello delle telecomunicazioni, scopriremmo che ha, sostanzialmente e mediatamente, le stesse retribuzioni dei metalmeccanici, mi riferisco ai minimi contrattuali, forse oggi leggermente più alti, e scopriremmo che gli addetti al call-center sono inquadrati tra il 4 e quinto livello (confrontabile con quello metalmeccanico) e tecnici e ingegneri nei livelli più alti. Anzi scopriremmo che c’era un fenomeno distorsivo nel sistema precedente di fasce IRPEF, abbastanza interessante da analizzare.

In caso di crescita di carriera professionale, immaginiamo di un tecnico, anche operaio esperto, da 28.000 euro lordi a 30.000 euro lordi, sui 2.000 euro lordi di incremento annuo si ritrovava a pagare una aliquota marginale del 38% invece che del 27% (undici punti percentuali in più!!!) il più grande salto di prelievo fiscale dell’intero sistema.

Si pensa davvero che in questa fascia “critica” compresa tra i 25.000 euro lordi annui e 35.000 euro lordi annui non siano concentrate le professionalità più preziose per una azienda esposta sul mercato competitivo? Non rendersi conto di ciò, vuol dire avere una idea del tutto distorta delle professionalità impiegate in azienda. Non sto parlando delle retribuzioni di prima assunzione, ma dell’inevitabile percorso di carriera che dovrebbe essere assicurato ai detentori di competenze già oggi fondamentali per la gestione del business aziendale.

Una volta si sarebbe parlato di una inutile “guerra tra i poveri” direi di lasciare ad altri questi paragoni “Dickensiani” e di concentrarsi su come invece trattenere in azienda (direi in Italia) competenze strategiche che non possono subire l’alternativa tra una retribuzione elevata e un reddito spendibile ridotto perché impattato da elevate aliquote marginali Irpef.

Per inciso in Germania l’aliquota marginale compresa tra 9.408 euro lordi e 57.051 euro lordi è del 14%, sale al 42% nei redditi compresi tra 57.051 e 270.500 euro lordi annui.

In Francia l’aliquota marginale dei redditi tra 27.795 e 74.517 è del 30% sale al 41% oltre i 74.518 euro lordi.

In Spagna l’aliquota tra i 20.200 euro lordi e 35.200 euro lordi è del 30%, sale al 45% sopra i 60.000 euro lordi.

Risparmio, per carità di Patria, il confronto con Il Regno Unito.

Questi i dati! Se poi volete sapere una ragione per la quale i giovani, ma non solo, che hanno un minimo di professionalità vanno all’estero provate a leggere queste cifre.

Se proprio dobbiamo parlare con Robin Hood sarà meglio non indicargli il bersaglio sbagliato.

Luigi Marelli

Luigi Marelli