È stata pubblicata l’Inchiesta nazionale sulle condizioni e le aspettative delle lavoratrici e dei lavoratori, un’inchiesta promossa dalla Cgil nazionale e coordinata dalla Fondazione Di Vittorio, in collaborazione con le categorie sindacali della Cgil che indaga le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori partendo dalla loro esperienza e dal loro punto di vista, per comprendere i bisogni e le aspettative e per migliorare il mondo del lavoro e l’azione del sindacato. Al questionario hanno risposto 31.014 lavoratori dei settori pubblici e privati impiegati in tutte le dimensioni di impresa, con tutte le tipologie contrattuali e anche chi era senza contratto o disoccupato.
Secondo i primi risultati, dall’inizio della pandemia di Covid-19 (marzo 2020) il reddito da lavoro è diminuito per il 22,3% dei rispondenti, a fronte di una diminuzione del tempo di lavoro che interessa una quota inferiore (10,4%). All’inverso, il tempo di lavoro è aumentato (28,5%) in proporzione maggiore ai redditi.
Le ore medie di lavoro alla settimana sono state circa 38 per gli intervistati con un regime full-time e 26 per i part-time, laddove il 14,4% affronta “spesso” orari straordinari non retribuiti e non compensati con i riposi. Quest’ultimo dato è trasversale sia nelle professioni a bassa qualifica che in quelli ad alta qualifica. Per quanto riguarda la divisione dei generi, invece si registra ancora una volta un importante gender gap pay: il53,8%delle donne è concentrato nelle classi fino a 20mila euro netti annui contro il 30,7% degli uomini, anche in conseguenza della maggiore diffusione del lavoro a termine e in part-time ma, comunque, le differenze salariali permangono anche nei regimi di lavoro a tempo indeterminato in full-time.
Considerando i ritmi e i carichi di lavoro, si rileva un’alta intensità del lavoro in termini di scadenze, ritmi e carichi, che si presenta in maniera elevata per più di un rispondente su tre. Inoltre, i risultati evidenziano la presenza di livelli di sotto-inquadramento diffusi, con un rispondente su quattro che “spesso” deve assumere responsabilità eccessive rispetto alle mansioni. Il campione evidenzia una compresenza di problemi fisici e psico-sociali causati dal lavoro: i due problemi più diffusi sono “mal di schiena e dolori articolari” (67,6% dei rispondenti) e “stress” (65,5%). Nell’ultimo anno, il 4,9% ha subito un infortunio (l’1,5% non lo ha denunciato) e, considerando la propria carriera lavorativa, il 7,9% ha denunciato una malattia professionale. Il 24,4% dei rispondenti giudica la prevenzione dei rischi per la salute e sicurezza nella propria azienda come insufficiente e questa incidenza è maggiore nelle imprese/enti meno innovative.
Una caratteristica rilevante è l’elevata sindacalizzazione degli intervistati, di cui l’82% sono iscritte/i al sindacato: il 18,7% sono rappresentanti (RSU, RSA e/o RLS) e il 63,5% sono iscritte/i (ma non rappresentanti), mentre il 17,8% non è né iscritta/o né rappresentante. Si registra una relazione tra i livelli più elevati di retribuzione e i contesti nei quali è presente un accordo aziendale/di secondo livello: tra chi ha un reddito da lavoro che supera i 35.000 euro netti annuali, infatti, oltre il 70% dichiara la presenza di un accordo aziendale/di secondo livello mentre tra chi ha fino a 15.000 euro, questa quota non supera il 23%.
e.m.