Dopo gli scioperi che hanno portato all’addio del direttore musicale Riccardo Muti, gli orchestrali e i coristi del teatro dell’Opera di Roma sono stati licenziati. Lo ha deciso il consiglio di amministrazione che oggi ha approvato l’esternalizzazione dell’orchestra e del coro e l’avvio della procedura di licenziamento collettivo. Lo ha reso noto il sindaco della capitale, Ignazio Marino, al termine della riunione. In pratica, si torna alla vecchia figura dell’impresario che, appunto da esterno, forniva i ”servizi musicali” indispensabilli al funzionamento di un teatro: orchestra e coro, badando al proprio interesse più che alla qualità.
“In una decisione così drammatica questo procedimento coinvolgerà 182 unità di personale su 460, ma non riguarda gli altri 278”, ha precisato Marino, che ha poi lamciato un appello: “Noi auspichiamo che tutti o parte di musicisti e artisti del coro si riuniscano e formino un soggetto. Ci sono 75 giorni per capire ed eventualmente trattare e definire il percorso successivo. Se si organizza tutto nel migliore dei modi dal 1 gennaio il teatro dell’Opera potrebbe aver nuova orchestra e coro”.
Massimo Cestaro, segretario generale della Slc Cgil, ha così commentato la decisione del cda: “Spero che, dopo una sequenza interminabile di bugie distribuite a piene mani ai cittadini di Roma e a tutta l’opinione pubblica, venga finalmente alla luce il vero obiettivo del Ministero, la vera missione del Sovrintendente e le ragioni per le quali siamo stati costretti alle mobilitazioni sindacali di questa estate: fare dei Teatri Italiani delle scatole vuote”.
“E spero anche che finalmente si possano comprendere le ragioni per cui il Maestro Muti ha deciso di lasciare il Teatro – ha spiegato Cestaro – nella ignoranza dilagante su come funziona un teatro d’Opera, ci sarà ancora qualcuno che proverà a sostenere che questa sarebbe una buona strada per rivitalizzare il Teatro. Altri, mentendo, diranno che questa è una scelta sofferta. La verità è che da tempo è in corso una strategia di smantellamento delle principali istituzioni culturali del nostro Paese. I teatri sono straordinari centri di produzione dove si formano altrettanto straordinarie professionalità tecniche e artistiche che tutto il mondo ci invidia. Un teatro vuoto da riempire di volta in volta è la fine del valore della produzione, della ricerca, della sperimentazione, della conservazione e dell’innovazione; ma una ghiotta occasione di pochi noti per fare business”.
F.P.